Ucraina: la via dei negoziati per fermare il conflitto con la Russia

Di Pierpaolo Piras

Antalya. Ormai siamo a oltre due settimane dall’inizio della guerra in Ucraina.

La crisi umanitaria, che accompagna ogni conflitto armato, è ancora in corso e si aggrava giorno per giorno.

La situazione umanitaria dei profughi sempre più difficile

Nel mezzo incombe il rischio reale e permanente di una spiralizzazione delle ostilità che rende sempre più urgente la realizzazione di una rapida fine negoziata.

Quali sono le prospettive dei negoziati ?

Le prospettive di successo tra Russia e Ucraina sono ancora molto scarse.

Tutti i tentativi di mediazione sono falliti in breve tempo.

Per sua diretta affermazione, Vladimir Putin, Presidente della Federazione russa, chiede – in termini perentori da tertium non datur – la smilitarizzazione, una “denazificazione” e la neutralità assoluta, costituzionalmente scritta e debitamente approvata, dell’Ucraina.

Putin e Gerasimov

Pretende, inoltre, il riconoscimento dell’annessione della Crimea al territorio nazionale della Federazione Russa e il riconoscimento del Donbass, già di fatto occupate dalla Russia, come Stati del tutto indipendenti dall’Ucraina.

Non basta: Putin vuole che il futuro Presidente sia filorusso e scelto da Mosca!

Per dirla in parole povere, non gli basta la sconfitta, ma vuole anche l’umiliazione sia dell’Ucraina come Stato sovrano che lo straccio delle più elementari regole fondamentali del diritto internazionale e dell’autodeterminazione degli Stati, così com’è scritto nella Carta delle Nazioni Unite.

Da un punto di vista pratico, il tutto si tradurrebbe nella resa politica e  militare incondizionata e totale di Kiev.

Queste richieste sono in qualche modo accettabili ?

I più ritengono che tali richieste siano state formulate in termini e modi così aggressivi da non essere in alcun modo accettate.

E, pertanto , che siano finalizzate a far perdurare il cannoneggiamento russo sulle città e ospedali ucraini.

Le ostentate pretese di Putin non sono accettabili sia per il governo di Volodymyr Zelenskyj, Presidente dell’Ucraina, che per la più ampia e importante comunità internazionale, che – con rare eccezioni – è quasi completamente unita nella sua condanna della Russia.

Il Presidente ucraino Zelensky

Quale sarà il futuro della mediazione ?

Per il momento, la questione rimane aperta.

Finora, nonostante gli sforzi della mediazione internazionale, nessuno dei problemi generati dalla invasione di interi territori e occupazione di rilevanti estensioni dell’Ucraina da parte della Russia nel 2014, sono stati risolti.

Gli strenui tentativi per concordare un cessate il fuoco per consentire almeno l’evacuazione dei civili dalle zone di guerra sono finora sostanzialmente falliti.

Anche la diplomazia internazionale non è riuscita a prevenire gli scontri a fuoco.

Anzi, dopo ogni fallimento dei colloqui, l’Esercito russo ha intensificato l’uso dell’artiglieria sul terreno, aumentando la corposità delle sue richieste.

Che cosa si può “stringere” nel negoziato in corso ?

In primis, bisogna iniziare “stringendo” sulla concretezza degli argomenti, senza condizionamenti di natura politica, emotiva o tanto meno sentimentale, i quali aggraverebbero soltanto i rapporti e le divisioni tra le parti.

Insomma, cosa c’è sul tavolo dei mediatori?

A mio avviso, ci sono due fattori sostanziali in competizione fra loro.

Un momento del vertice ieri ad Antalya

C’è la necessità di fornire aiuti alimentari e umanitari immediati all’enorme numero di civili,  compresi i profughi interni le cui vite, costrette dalle circostanze, sono sconvolte dal conflitto e vivono al gelo delle proprie abitazioni o lungo il percorso verso i Paesi liberi dell’ovest europeo.

Poi c’è l’obbligo di trovare un accordo sostenibile e credibile per porre fine alle ostilità.

Negli ultimi giorni, il fallimento dei tentativi di concordare almeno dei corridoi umanitari in sicurezza, per consentire l’evacuazione dei civili – per lo più donne e bambini –  mostra quanto sia difficile persino fare progressi sul lato umanitario.

Anche la più grande e potente organizzazione mondiale di soccorso in questo campo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha fallito nei suoi sforzi per facilitare il passaggio dei civili dalla città assediata di Mariupol.

Ma a questo punto, un accordo di cessate il fuoco globale – per non parlare – insperata attualmente – di una fine negoziata della guerra e di un ritorno alla diplomazia – sembra altamente improbabile.

Il fallimento degli sforzi più persistenti e pubblicamente noti del Presidente francese Emmanuel Macron fa presumere che Putin continuerà a intensificare assertivamente la guerra fino a quando le sue richieste non saranno soddisfatte.

Il Presidente francese, Emmanuel Macron

Il secondo problema è chi si siede al tavolo delle negoziazioni.

Tecnicamente, i cessate il fuoco a livello locale e la definizione particolareggiata dei corridoi umanitari hanno maggiori possibilità di essere negoziati tra tutti i comandanti militari a livello tattico che stabilirebbero i dettagli operativi.

Ciò deve includere l’ubicazione e la tempistica dei corridoi umanitari e chi verrebbe evacuato.

Deve inoltre garantire linee di comunicazione aperte per prevenire eventuali incidenti che potrebbero incombere sull’evacuazione.

Un cessate il fuoco completo e veritiero dovrebbe coinvolgere negoziatori molto maturi e dotati di lunga esperienza politica.

In entrambi i risultati, è indispensabile la presenza di una chiara volontà politica da parte dei leaders politici, che li ispiri la loro azione.

Al momento non vi è alcuna chiara indicazione che la Russia sia sincera al riguardo.

Basta guardare il modo, assurdo e ridicolo, nel quale i negoziatori russi hanno proposto corridoi umanitari per portare civili in Russia oppure Bielorussia, mentre, d’altro lato, bombardano una delle via di fuga di profughi disarmati verso l’Occidente.

L’allerta da parte dell’Occidente

Non dimentichiamo che questa crisi riguarda anche il futuro dell’ordine di sicurezza europeo.

Nessuna conclusione sostenibile della guerra in Ucraina potrà essere concepita e fatta nostra senza affrontare anche queste questioni più ampie che coinvolgono la Russia, ovvero la NATO e i rapporti con  l’Unione Europea.

Data la giustificabile determinazione dell’Occidente a non permettere a Putin di cavarsela ancora una volta con le sue flagranti violazioni del diritto internazionale – e, sempre più, del diritto internazionale umanitario secondo le convenzioni di Ginevra – ci vorrà del tempo prima che la diplomazia possa riacquistare fiducia e riprendere la propria azione.

Serve un broker onesto. Chi ?

Questo potrebbe/dovrebbe essere l’ultimo problema da risolvere.

Chi potrebbe mediare? Israele e Turchia hanno intensificato i propri sforzi negli ultimi giorni.

Entrambi hanno buoni rapporti sia con la Russia che con l’Ucraina, pur considerando le implicazioni derivanti dalla cooperazione in materia di sicurezza intercorrenti con la Russia in Siria.

La Cina si è trovata manifestamente a disagio per l’escalation militare in Ucraina e si è offerta per una mediazione tra Ucraina e Russia.

Ma se la Cina è stata impegnata in questo tipo di diplomazia, non ha ancora portato a nessun progresso che si sappia.

Anche gli sforzi di India ed Emirati Arabi Uniti sono stati inutili.

La Turchia è riuscita a organizzare un incontro di persona tra i ministri degli Esteri russo e ucraino ad Antalya, ieri, il che indica un ulteriore potenziale, attivo sulla pista politica dei negoziati.

Conclusione

Le iniziative di pace ruotano attorno a momenti chiave.

Questi spesso si verificano quando le parti in conflitto non possono più sostenere – per non parlare di intensificare – azioni militari.

Sarà necessario elaborare una concordata via d’uscita dalla loro improduttiva situazione negoziale, in maniera tale da sembrare un’alternativa, migliore rispetto all’attuale stallo.

Per mettere in atto queste condizioni, la comunità internazionale deve tenere il passo e, se necessario, aumentare la pressione sulla Russia.

Senza dimenticare che creare le condizioni per i negoziati non equivale di per sé a determinare le condizioni per il loro successo.

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