Taiwan: in caso di conflitto con la Cina popolare, decisiva l’alleanza tra le forze politiche

Di Pierpaolo Piras

Taipei (nostro servizio). Nel governo della Repubblica di Cina, più nota come Taiwan, il concetto stesso di difesa nazionale richiede di fatto una solida alleanza tra le forze politiche.

Continua ancora la crisi tar Pechino e Taipei

In primo luogo, i leader politici devono comunicare al proprio popolo in termini chiari non solo sulle complesse problematiche relative alla sicurezza civile, politica e militare della propria isola, ma anche i non pochi compromessi che sarà obbligatorio accettare per affrontare credibilmente le minacce rivolte alla loro indipendenza e sovranità nazionale.

Inoltre, la popolazione dovrà decidere quali debbano essere gli strumenti e le capacità militari alle quali attribuire la massima priorità sia decisionale che di attribuzione delle ingenti risorse umane e finanziarie necessarie per la pianificazione della Difesa nazionale.

La Presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen

Infatti, è chiaro che quanto maggiore sarà l’intesa politica interna, specie tra i principali partiti, più solido e longevo diventerà il concetto di difesa e di sicurezza del proprio Stato.

Di conseguenza, sarà rilevante che tutto questo inciderà non solo sulle valutazioni del loro avversario, la Cina Popolare, ma anche sugli altissimi costi e gravi rischi d’insuccesso successivi all’eventuale uso della forza nel raggiungimento violento dell’unità politica di quest’ultima con Taiwan.

La classe politica di Taiwan deve creare un apparato di deterrenza credibile contro l’eventuale invasione militare cinese: che richiede la contemporanea esistenza di numerosi ed importanti elementi.

Fra questi si annoverano in primis una tenace voglia di resistere e combattere da parte della popolazione, capacità militari di prim’ordine e un coordinamento ampiamente ed efficacemente collaudato con gli altri attori dell’area strategica dell’Indo-Pacifico – in particolare degli Stati Uniti e Giappone – i cui interessi vitali sarebbero influenzati da qualsiasi conflitto in quest’area.

In secundis, dovrà essere presente una forte e sostenuta coesione interna tra classe politica e quella militare a sostegno di un chiaro e unico scopo e del concetto stesso di difesa nazionale.

La vera sfida sarà armonizzare tutti questi fattori.

Infatti, il dibattito attuale verte maggiormente sulle probabilità di un’invasione da parte della Cina Popolare e sui tempi di questa eventuale realizzazione.

Al contrario, la dialettica politica taiwanese attuale è alquanto latitante su quanto è possibile osservare sull’espansionismo politico-militare della RPC in tutto l’Indo-Pacifico nell’ultimo decennio.

La strategia della tensione

Negli ultimi decenni la Repubblica Popolare Cinese (RPC) è cresciuta notevolmente.

Contestualmente è cresciuta sia la pressione di tipo militare che le provocazioni di Pechino nei confronti di Taipei.

Un missile antinave

Prova ne sia che all’inizio di ottobre del 2021, un totale di 148 aerei militari cinesi hanno provocatoriamente violato lo spazio aereo di Taiwan.

A fronte di tali gravi dati di fatto, la leadership taiwanese ha dovuto discriminare le diverse opzioni in una scala di priorità tra il come replicare alla pressione militare e ostacolare la pericolosa evenienza di una invasione su vasta scala del proprio territorio.

Quindi, è necessario elaborare risposte politico-militari efficaci, purché  rientrino nelle disponibilità finanziarie, non sempre larghe, del bilancio statale e obbediscano, eventualmente, all’urgenza di adottare i peggiori provvedimenti.

La risposta pianificata

Da oltre un decennio, i pianificatori di Washington e di Taipei hanno elaborato il piano migliore che Taiwan dovrebbe adottare per difendersi da un attacco da parte della RPC.

Finora è stata elaborata la cosiddetta “strategia asimmetrica”, grazie alla quale verrebbe aumentata la difficoltà di invasione di Formosa utilizzando al massimo l’orografia peculiare dell’isola di Taiwan.

In questa forma, il primo dei vantaggi sarebbe anche quello di ridurre le attenzioni e le risorse di Taipei finalizzate al controllo strategico del braccio di mare che separa Taiwan dalla Cina Popolare.

La guerra asimmetrica

Secondo questa concezione, le Forze Armate dell’Isola concentrerebbero la loro azione sfruttando al massimo i vantaggi geografici e concentrando l’azione militare verso i litorali di sbarco degli invasori, ovvero nei punti di loro maggiore fragilità.

Per esercitare questa modalità d’azione, verrebbero utilizzati diversi sistemi d’arma quali i missili da crociera terra-terra lanciati da postazioni altamente mobili, mine navali, artiglierie costiere mobili a media e grande gittata, sistemi d’intercettazione e sorveglianza di ultima generazione e, non per ultimi, i mini sommergibili teleguidati e privi di equipaggio.

Insomma, si tratta di adottare la ben nota strategia della “guerra asimmetrica”, caratterizzata dalla netta discrepanza esistente tra le soverchianti (e costosissime in vittime e mezzi) forze attaccanti  e quelle molto efficaci dei difensori, ma di gran lunga più spendibili e facili sia da mantenere che da sostituire.

Le decisioni

Le decisioni difficili dovranno comunque essere assunte e poi eseguite.

I leader politici dovranno scegliere quale priorità dare alle proprie strategie e capacità militari.

Dovranno decidere se l’obiettivo più ambito è quello di distruggere le  forze dell’avversario oppure impedire la sua capacità di occupare fisicamente l’Isola di Taiwan.

Dovranno eleggere il giusto equilibrio da preferire tra la spesa per i servizi sociali per una società che invecchia e il rispetto della difesa nazionale.

E poi se gli attuali livelli di entrate fiscali sono sufficienti a coprire queste necessità.

Viste nella loro totalità, si tratta di istanze valide ma talvolta contrastanti.

Maggiore sarà l’allineamento che i leader di Taiwan di entrambi i principali partiti potranno raggiungere, più duraturo diventerà il concetto di difesa del Paese.

Sarà più rilevante anche l’impatto che Taipei avrà sulle valutazioni strategiche del loro avversario sui rischi dell’uso eventuale della forza nel perseguimento dei propri obiettivi politici.

I rischi che Taiwan deve affrontare sono significativi, ma il conflitto non è inevitabile.

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