Guardia di Finanza: a Caserta arrestate 8 persone gravemente indiziate dei reati di riciclaggio ed evasione fiscale, con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi. Eseguito un sequestro di beni per 11 milioni di euro

CASERTA. Otto persone gravemente indiziate di appartenere ad un’organizzazione criminale dedita ai reati di riciclaggio di denaro, frode fiscale e intestazione fittizia di beni – aggravati dalla finalità di agevolare il clan dei Casalesi – sono stati arrestati dai Finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma, che nell’operazione si sono avvalsi del prezioso supporto fornito dai colleghi del Comando Provinciale di Caserta.

La correlata ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica partenopea – Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), a seguito di un’indagine che ha consentito di acquisire numerosi elementi probatori a carico di un gruppo di imprenditori, basato in provincia di Caserta, ritenuto responsabile di aver perpetrato – in modo sistematico – numerosi reati tributari.

Autopattuglie del NSPV GDF in azione

Stando a quanto scoperto dagli investigatori della Guardia di Finanza, gli indagati avrebbero messo a segno i loro illeciti attraverso una società attiva nella gestione e smaltimento di rifiuti, falsamente intestata al classico “prestanome”, ma a tutti gli effetti riconducibile a una compagine familiare contigua ad ambienti camorristici del noto clan dei Casalesi, mentre gli ingenti flussi finanziari originati da tale attività criminosa venivano successivamente riciclati attraverso una rete di persone fisiche e giuridiche dirette da un’unica regia.

Sul punto è importante rilevare come l’impresa di smaltimento dei rifiuti in questione fosse già stata in passato raggiunta da provvedimenti interdittivi antimafia, ciò causa di un socio che, nella realtà, era un esponente di spicco del clan e che nel suo stesso interesse avrebbe continuato ad operare attraverso una nuova compagine societaria.

Una linea di continuità sotto il profilo gestionale e imprenditoriale tra la vecchia società e l’attuale avrebbe dunque garantito all’organizzazione criminale di manovrare ancora attraverso una delle sue principali articolazioni direttive, andando in tal modo ad eludere la citata misura antimafia adottata dal Prefetto.

Nel prosieguo delle indagini è, inoltre, emerso come la società di smaltimento rifiuti avesse ricevuto ed utilizzato numerose fatture emesse per operazioni inesistenti, che gli hanno in tal modo consentito di generare costi fittizi ed al tempo stesso di far fuoriuscire gli utili aziendali attraverso un imponente sistema di riciclaggio del denaro.

Avvalendosi anche di diversi soggetti, ciascuno dei quali avente un ruolo ben definito, sarebbero inoltre state realizzate movimentazioni finanziarie anomale, collegate queste alle fatturazioni-fake di cui sopra emesse da società di fatto inesistenti (le cosiddette “cartiere”), tutto ciò secondo un preciso meccanismo truffaldino finalizzato a far confluire su conti correnti bancari e postali ingenti somme di denaro che venivano poi trasferite anche in Paesi esteri (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia, Germania, Belgio, Lituania), oppure prelevate in contanti rendendo così difficile l’individuazione della destinazione finale.

Operatore della Guardia di Finanza al lavoro su una banca-dati

Le indagini tecniche e di tipo bancario eseguite dai finanzieri del NSPV hanno comunque consentito di appurare il rientro in Italia di buona parte dei capitali verosimilmente derivanti da attività illecite. Un rientro che sarebbe avvenuto attraverso movimentazioni di denaro contante.

Nei confronti dei due soggetti ritenuti responsabili di aver diretto e organizzato l’attività del sodalizio è stata ordinata la custodia cautelare in carcere, mentre per gli altri sei indagati sono stati disposti agli arresti domiciliari.

Lo stesso GIP del Tribunale, accogliendo la specifica richiesta formulata dalla competente Direzione Distrettuale Antimafia, ha inoltre disposto il sequestro preventivo – anche “per equivalente” – di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili aventi un valore superiore agli undici milioni di euro, oltre alla totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale e dei complessi aziendali di sei società.

Va, in ogni caso, sottolineato che provvedimento giudiziario in cronaca sia stato disposto in sede di indagini preliminari (avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione previsti dalla legge) mentre e i destinatari del provvedimento medesimo sono persone sottoposte alle indagini, da ritenersi dunque presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

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