Guardia di Finanza: conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile a tre vittime della strage di Canalbianco (9 agosto 1916)

Di Gerardo Severino*

ROMA (nostro servizio particolare). Il 6 marzo scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha conferito, sulla base di un’articolata proposta che firmai io stesso il 3 agosto 2022, a pochi mesi dal mio congedo definitivo dal Museo Storico delle Fiamme Gialle, la Medaglia d’Oro al Merito Civile “Alla Memoria”, nei confronti di tre uomini della Guardia di Finanza, vittime di un poco conosciuto atto eroico, consumatosi a Canalbianco (Ferrara) il 9 agosto del 1916, del quale feci marginalmente cenno, assieme all’amico Stefano Serafini [1].

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

A distanza di oltre un secolo da tale evento ritengo che “giustizia sia stata fatta”, e ciò fa sì che la vita spezzata dei tre servitori dello Stato, di cui tratterò a breve, non è stata, quindi, vana, venendo così perpetuato per l’avvenire sia il loro esempio di nobili virtù militari, sia la loro profonda generosità.

Quella che segue è la loro storia [2].

Canalbianco (Ferrara), 9 agosto 1916

“Tre vittime del dovere”, così titolò il settimanale “Il Finanziere” un modesto articolo, apparso sul numero del 27 agosto 1916, con il quale si rendeva conto all’intero Corpo dei Finanzieri di un nuovo atto eroico del quale si erano rese protagoniste le Fiamme Gialle, ma anche dell’ennesimo sacrificio per la Patria.

L’articolo apparso sul Resto del Carlino

Non si trattava, però, di militari morti al fronte, come era accaduto sino a qualche settimana prima, con conseguente assottigliamento degli organici di gran parte dei 18 Battaglioni mobilitati con i quali la Regia Guardia di Finanza stava prendendo parte alla “Grande Guerra”.

Questa volta gli eroi e i caduti erano ben altri: tre umili Finanzieri che, sin dallo scoppio del conflitto si trovavano a pattugliare i “sacri confini marittimi” del Paese, impegnati nel duro servizio di vigilanza costiera, per il quale il Corpo era stato “mobilitato” in virtù delle leggi di guerra.

Con l’entrata in scena dell’Italia nel conflitto mondiale, il Corpo della Regia Guardia di Finanza, con un maggiore sforzo rispetto a quanto già assolveva in tempo di pace, fu chiamato a custodire circa 6.870 chilometri di coste, dei quali 3.380 lungo la penisola e 3.490 nelle isole.

Militari italiani nella Grande Guerra

Tale compito era stato prioritariamente attribuito ad esso, in riconoscimento del fatto che era l’unico organismo militare idoneo ad assicurare una diuturna presenza in armi, soprattutto lungo i confini marittimi del Paese.

Il dispositivo difensivo dei comandi costieri periferici, peraltro potenziato attraverso la creazione di altri piccoli reparti al comando di sottufficiali, fu reso efficiente anche grazie al fatto che molti di essi potevano disporre di un proprio naviglio, in genere imbarcazioni di piccola stazza non requisite dalla Regia Marina.

In pratica, i reparti litoranei della Regia Guardia di Finanza, forti di una secolare esperienza nella lotta anticontrabbando, costituivano un validissimo sistema di avvistamento e di prima difesa del territorio, soprattutto se si considera la frequente minaccia nemica rappresentata da colpi di mano ed incursioni, attuate a mezzo di motoscafi, torpediniere e piccoli sommergibili.

In particolare, proprio in previsione dell’intervento italiano nel conflitto, il Comando della Legione della Regia Guardia di Finanza di Bologna, sulla base delle direttive impartite dal locale VI Corpo d’Armata, aveva dato luogo alla “mobilitazione” dei propri reparti costieri fra i quali vi erano comprese anche le Brigate allora facenti parte della Tenenza di Comacchio, a sua volta inquadrata nell’ambito della Compagnia di Ferrara.

Comacchio in una cartolina

Così come stabilito dallo stesso Comandante di Legione, con una propria circolare del 23 gennaio 1915, che aveva per argomento il “Progetto di difesa costiera nell’ipotesi di radunata Nord Est”, anche la Brigata “stanziale” di Canalbianco – ove si consumò la tragedia – fu aumentata negli organici, che dal tempo di pace furono portati a quelli di guerra.

Il piccolo reparto, che sino ad allora aveva avuto una composizione strutturale di appena sei uomini al comando di un Brigadiere, si vide arrivare in caserma altri 7 militari, raggiungendo così quota 13.

I nuovi arrivati erano stati reclutati e sommariamente addestrati presso il Centro di Mobilitazione che nel frattempo era stato istituito presso la stessa sede della Legione, allora ubicata in Via San Vitale, 128.

Con detto personale si sarebbe dovuta assicurare la diuturna vigilanza costiera, adottando il “sistema a cordone”, in unione con le vicine Brigate di Magnavacca e Saline ed esattamente nel tratto compreso dalla metà del tratto tra Magnavacca e Canalbianco fino al canale di Volano, coprendo così una distanza di 8 chilometri.

La vigilanza consisteva nello scrutare quanto avveniva in mare, soprattutto in funzione di protezione costiera, scongiurando eventuali assalti nemici, ma anche di segnalare, per tempo, qualsiasi movimento sospetto, in questo caso notato sia a mare che lungo i tratti di costa che le Fiamme Gialle avrebbero dovuto percorrere rigorosamente a piedi.

I pericoli incombenti erano vari. Dal contrabbando di guerra, tanto per rimanere in ambito professionale, ai tentativi di sbarco nemici; dal posizionamento di mine lungo le coste alla presenza di sottomarini, ovvero di agenti segreti nemici, come del resto accadrà in molte località rivierasche italiane durante l’intero ciclo bellico.

Un modesto contributo verrà dato, a tale forma di vigilanza, anche dalla componente navale del Corpo, i cui natanti vi verranno adibiti all’interno delle “acque territoriali”, spesso in autonomia, ovvero alle dipendenze dirette della Regia Marina.

Nel pomeriggio del 9 agosto 1916, una pattuglia di Finanzieri, composta dalle guardie Carmine Esposito e Camillo Veronesi, si trovava in servizio di vigilanza costiera nel tratto di mare che da Canalbianco porta a Magnavacca, esattamente in località detta “Cornacchie”, allorquando scorsero, poco a largo del battigia e alla deriva, una mina galleggiante, verosimilmente tedesca.

Occorre dire che, a parte quelle ancorate in profondità, nel chiaro intento di causarne l’esplosione da parte dei natanti nazionali che lungo quelle coste esercitavano la. “navigazione di cabotaggio”, molte mine venivano, invece, appositamente lanciate in mare dai sommergibilisti tedeschi, i quali, a bordo dei loro micidiali “U-Boat”, davano il filo da torcere ai naviganti, sia nel Mediterraneo che negli Oceani.

Le mine alla deriva avrebbero – come effettivamente accadde durante i cinque lunghi anni del conflitto – determinato l’affondamento, non solo delle navi militari, ma soprattutto dei piroscafi passeggeri e delle navi mercantili, per non parlare dei tanti battelli della marineria da pesca.

Ebbene, mentre uno dei due militari rimaneva sul posto, l’altro raggiungeva la vicina caserma sede della Brigata e ne informava prontamente il comandante, il Brigadiere Riccardo Stagni, che come tanti sottufficiali anziani e in congedo era stato richiamato in servizio nel maggio del 1915.

Compresa la gravità del fatto, anche perché la zona era frequentata dalle barche dei pescatori e da qualche coraggioso turista, il Brigadiere, unitamente alla guardia che lo aveva allertato, si recò sul posto, cercando in qualche modo di rimuovere l’ordigno, prima che la corrente marina potesse fargli riguadagnare il largo.

 

Una mina navale di fabbrica tedesca

Nel tentativo di imbrigliare la mina con alcune funi, in maniera tale da ricondurla a riva e chiederne il successivo intervento degli artificieri, si verificò la tragedia.

La potente bomba, mossa da un’onda improvvisa, esplose al primo urto sul fondo e causò la morte istantanea delle povere Fiamme Gialle, le quali, come riportò il citato giornale “Il Finanziere” del 27 agosto: “Spinti da nobilissimi sensi di dovere e di alta filantropia, si erano coraggiosamente accinti ad un’opera difficile e pericolosissima”.

I funerali degli ardimentosi Finanzieri si celebrarono il giorno seguente presso la Parrocchia di San Giuseppe, in Comacchio, ed i poveri resti furono di lì a poco tumulati presso il locale cimitero, ove, a spese di tutti i militari dell’allora Comando di Circolo di Bologna, fu eretta un’unica tomba con epigrafe ed un’artistica croce di ferro.

Brevi cenni sui nuovi Eroi delle Fiamme Gialle

Concludo il presente saggio, dando qualche breve cenno biografico dei tre nuovi Eroi che andranno ad arricchire il “Libro d’Oro” della Guardia di Finanza.

Il Brigadiere Riccardo Stagni nacque a Bologna il 29 aprile del 1877.

Il Brigadiere Riccardo Stagni in uniforme di guerra 1916 (Museo del Risorgimento Bologna)

 

Si era arruolato nel Corpo il 2 novembre del 1895 in qualità di Allievo Guardia presso il Battaglione Allievi di Verona.

Destinato al Comando del Circolo di Udine, con la promozione a Sotto Brigadiere, il 1° settembre del 1900, fu destinato al Circolo di Genova, ove si sarebbe congedato il 2 novembre successivo.

Fino al 15 maggio del 1915, allorquando fu mobilitato, viveva a Bologna, unitamente alla moglie e ai suoi tre figli: due maschi e una femmina.

Il Finanziere Carmine Esposito era nato a Cercola (Napoli) il 15 febbraio del 1893.

Arruolato nella Regia Guardia di Finanza il 5 luglio del 1913, presso la Legione Allievi di Roma aveva prestato servizio presso le Brigate di Saline e di Lagosanto, per poi raggiungere Canalbianco allo scoppio delle ostilità.

Il Finanziere Camillo Veronesi era nato a San Giorgio di Piano (Bologna) il 15 febbraio del 1888 e si era arruolato nella Regia Guardia di Finanza il 1° maggio del 1909, dopo aver prestato servizio di leva nei ranghi del 4° Reggimento Bersaglieri del Regio Esercito Italiano.

Congedato dal Corpo per fine di ferma, dopo aver prestato servizio presso il Circolo di Novara, era stato poi mobilitato nel Regio Esercito allo scoppio della guerra italo-turca del 1911-1912.

In previsione dello scoppio della “Grande Guerra” era stato, invece, richiamato, in data 1° marzo 1915, dalla Regia Guardia di Finanza, che lo destinò a Canalbianco.

Lasciò moglie e due figli in tenera età, un maschietto e una femminuccia.

Agli eredi delle tre generose Fiamme Gialle d’Italia vada, quindi, il mio affetto e la mia stima, condividendo con loro e con l’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia, cui appartengo e che ha avuto un ruolo determinante in questa non facile operazione di “recupero e salvaguardia della memoria”, la gioia di questo felice momento.

NOTE

[1]  Cfr. Gerardo Severino – Stefano Serafini, “L’eccidio di Canalbianco. Memorie di un sacrificio”, in Il Finanziere, n 1 – gennaio 2017.

[2] La vicenda è stata argomento di due mie conferenze, tenutesi rispettivamente il 9 novembre 2016 a Ferrara, preso la Sala Estense e il 10 novembre a Comacchio, presso il Teatro civico, dal titolo “I cento anni della strage di Canalbianco, 9 agosto 1916”.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare. Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

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