Guerra: Segretezza o informazione? Kiev e le forniture occidentali. Il caso di Forbes Ucraina

Di Marco Petrelli

KIEV. “Marconi ha riparato e modernizzato 7 semoventi inattivi M109, che l’Ucraina ha ricevuto come assistenza militare dall’Italia”.

Semoventi M109 in esercitazione

Titolava così il servizio firmato da Anita Prasad, Boris Davydenko e Anton Zabelsky pubblicato da ForbesUcraina lo scorso agosto.

L’ M109 è un semovente d’artiglieria statunitense dei tempi della Guerra Fredda, a lungo impiegato, aggiornato e poi dismesso.

Stando a quanto riporta Forbes Ucraina i 7 semoventi farebbero parte di un lotto del 2022 che avrebbe necessitato di opportune modifiche per l’impiego al fronte. Modifiche che, a detta dei giornalisti, sarebbero avvenute for free.

E qui ci fermiamo, non perché vi sia nulla di male: quando i dati sono pubblici, tutto il mondo può leggerli e, a seconda della sensibilità e delle opinioni, può esserne lieto o furibondo, in totale libertà.

Da giornalisti esperti in ambito difesa e intelligence, più che adirati siamo invece sorpresi dalla leggerezza con la quale siano trattati gli sforzi occidentali per sostenere la campagna di reconquista delle province del Donec.

Già, perché il problema di rendere pubblici dati (corretti o meno dice poco, ciò che conta è l’influenza che esercitano sull’opinione pubblica) è strategica tanto livello di operazioni militari, quanto di informazione e di contro-informazione.

I conflitti si vincono sul campo e anche con una buona opera di propaganda, mantenendo altresì un velo di discrezione su tutto ciò che possa essere sfruttato dal nemico a proprio vantaggio.

Forze ucraine

Pur consci da tempo del numero e del tipo di aiuti ricevuti da Kiev, i russi hanno probabilmente gioito di tali, sensibili, informazioni che si tramutano in nuove frecce per l’arco della loro campagna mediatica.

Ad esempio, Forbes Ucraina ha citato il presunto costo delle riparazioni stimato in 3 milioni al pezzo, lasciando il dubbio su chi si farebbe carico di tale spesa, se la succitata azienda o gli italiani.

Azienda citata, anche, in riferimento ad una missiva che il CEO avrebbe inviato al Ministero della Difesa ucraino assicurando la disponibilità della società a fornire ulteriore supporto tecnico.

Al di là della veridicità del fatto (che non mettiamo in dubbio ma neanche diamo per scontata) verrebbe da domandarsi quale sia il vantaggio di dare in pasto ai lettori cifre e conversazioni, presumibilmente private, specie in una fase delicata del conflitto.

Nel rapporto bimestrale pubblicato dal Parlamento Europeo circa le opinioni dei cittadini UE in merito alla guerra russo-ucraina, si legge infatti che “il 55% dei cittadini europei è d’accordo nel fornire armi all’Ucraina, anche se i dati indicano una tendenza al ribasso a sostegno di questa misura nel tempo. Il 60% degli italiani non è d’accordo con l’idea che l’UE offra armi all’Ucraina[…]” (23 febbraio 2024).

La sede del Parlamento europeo

Malgrado è raro che un singolo articolo condizioni milioni di lettori, curioso è il cambio di tendenza fra il report di luglio 2023 (un mese prima del servizio di Forbes) e di settembre.

Se a luglio le percentuali di sostenitori degli aiuti militari erano infatti alte, due mesi più tardi si legge ad esempio che il 51% degli slovacchi è contrario mentre la maggioranza dei tedeschi non approva più gli invii di armi.

Repetita iuvant: non è merito/colpa di un singolo giornale se la percezione della guerra cambia in positivo o in negativo, tuttavia l’informazione nelle guerre può infliggere colpi durissimi sia al nemico, sia al paese in cui le notizie sono pubblicate.

Nell’Afghanistan sovietico, Mosca non poté a lungo coprire i numeri della disfatta perché, in un’epoca di comunicazione globale, nascondere la polvere sotto il tappeto era diventato impossibile.

Prima ancora, in Vietnam, più danni dei vietcong li avevano causati i giornali europei e statunitensi che puntualmente denunciavano le difficoltà USA nel Sud-Est asiatico.

Media ed opinione pubblica avevano (ed hanno) più potere di quanto non si immagini.

Oggi, a minare il consenso mondiale sulla guerra russo-ucraina sono le informazioni pubblicate, quando non in nome della libertà di stampa, a favore di una comunicazione di guerra che ormai cozza con la realtà del conflitto.

E se non ti importa del tuo popolo, pensa almeno ai tuoi alleati.

All’Italia, in particolare, fra le prime Nazioni ad essere corse in aiuto di Kiev e che non merita certo parole come: “L’ Ucraina ha pagato la società americana Ultra Defense Corp. più di 19 milioni di dollari per la riparazione di 33 cannoni semoventi italiani M109L”.

Anche perché, se quanto è stato scritto è vero, l’assistenza tecnica USA è a pagamento mentre quella nostrana è for free.

Inoltre, tutto quello che riguarda le relazioni fra aziende e istituzioni in contesti di crisi andrebbe soppesato e valutato, prima di essere pubblicato poiché, lo ripetiamo, in un conflitto combattuto anche colpi di propaganda, un’informazione vera, falsa o presunta può essere facilmente trasformata in solida verità pronta a colpire, come un ariete, le convinzioni e le percezioni dell’opinione pubblica interna ed esterna.

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