Ritorno della tensione tra Serbia e Kosovo: cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane

Di Fabrizio Scarinci

PRISTINA. Come noto, nonostante l’intesa di alcune settimane fa, con la quale i governi di Pristina e Belgrado sembravano finalmente intenzionati ad archiviare (almeno temporaneamente) la loro disputa sulle targhe dei veicoli appartenenti ai cittadini kosovari di etnia serba, nelle ultime settimane la tensione tra le due parti è progressivamente tornata a salire, arrivando ad un livello forse anche più elevato rispetto a quello raggiunto nei mesi scorsi.

Nello specifico, a riaccendere la miccia sarebbe stato, l’8 dicembre scorso, l’ingresso nel settore serbo della città di Kosovska Mitrovica di circa 300 agenti e svariati veicoli blindati della Polizia kosovara, che il governo di Albin Kurti avrebbe inviato nella zona al fine di “garantire l’ordine pubblico e la sicurezza di tutti i residenti contro la minaccia della criminalità diffusa”.

Mezzi della Polizia kosovara in movimento

Una mossa inevitabilmente vista come fumo negli occhi da parte di Belgrado, il cui governo, oltre ad accusare i kosovari di voler perseguitare la popolazione di etnia serba fino a costringerla ad abbandonare il Kosovo, avrebbe anche annunciato la propria intenzione di prendere tutte le misure necessarie al fine di garantire la sua tutela.

La situazione si sarebbe, poi, ulteriormente aggravata in seguito all’arresto di un ex poliziotto di etnia serba, accusato, secondo alcune fonti, di aver attaccato un convoglio appartenente alle forze di sicurezza kosovare nel corso di una loro recente operazione a Mitrovica.

In particolare, in risposta alla sua detenzione sarebbero state erette diverse barricate (finalizzate soprattutto ad impedire, o, quantomeno, a mettere in difficoltà, i movimenti della Polizia di Pristina) che sarebbero rimaste in piedi nonostante i numerosi avvertimenti lanciati dalle autorità governative.

Nel frattempo, anche il governo di Belgrado avrebbe continuato ad ammonire quello kosovaro, fino ad arrivare, poco più di 24 ore fa, alla messa in stato di massima allerta delle sue forze militari schierate ai confini del Paese; misura che, stando alle parole del Presidente Aleksandar Vucic (il quale avrebbe anche fatto visita alle unità dell’esercito dislocate tra Kraljevo e Raška), si sarebbe rivelata necessaria al fine di proteggere la popolazione serba del Kosovo e, più in generale, allo scopo di preservare lo Stato serbo (che, non serve ricordarlo, non ha mai riconosciuto l’indipendenza di Pristina).

Forze terrestri serbe durante un’esercitazione

Ovviamente, annunciando tale misura Vucic avrebbe anche dichiarato la sua intenzione di fare tutto il possibile al fine di risolvere la vicenda in modo pacifico, ma, com’era logico aspettarsi, queste sue ultime parole sono risultate del tutto insufficienti a placare la rabbia e la diffidenza dei kosovari, che, per bocca del Premier Albin Kurti hanno risposto accusando il suo governo di usare i propri media di Stato allo scopo di fomentare problemi e scatenare incidenti che potrebbero fungere da pretesti per un eventuale intervento armato all’interno dei loro confini.

Cosa potrebbe accadere

Alla luce di quanto appena detto si può quindi facilmente dedurre come la questione stia diventando di giorno in giorno sempre più incandescente, con Belgrado e Pristina poste nuovamente faccia a faccia riguardo all’irrisolta questione dell’indipendenza di quest’ultima e apparentemente piombate in una situazione senza facili vie d’uscita.

Cionondimeno, bisogna anche ricordare come in Kosovo risultino presenti sia la KFOR (Forza militare di Pace a guida NATO), sia l’EULEX (Forza militare a guida UE); due presenze che, unitamente all’ambizione di Belgrado di entrare a far parte dell’Unione Europea, dovrebbero, quantomeno, essere in grado di scongiurare azioni troppo sconsiderate da parte delle forze convenzionali serbe oltre i confini del Kosovo.

Carabinieri dell’MSU a Mitrovica

Naturalmente, questa loro presenza non può garantire con assoluta certezza la totale assenza di scontri di una certa entità (dato che una sollevazione generalizzata da parte della popolazione di etnia serba del Kosovo o un grave scontro tra le due componenti etnico-linguistiche del Paese potrebbero comunque verificarsi qualora anche solo uno dei due governi ponesse in essere qualche azione, diciamo, “poco ponderata”), ma, sicuramente, contribuisce a fornire una cornice di sicurezza abbastanza solida per tutta l’area in questione.

Per quanto riguarda la missione KFOR, poi, i suoi vertici starebbero monitorando molto attentamente l’evolversi della situazione, incrementando le proprie attività di sorveglianza e seguendo attivamente le discussioni tra le parti in causa, rispetto alle quali starebbero anche svolgendo un’intensa attività di mediazione.

Mediazione che ambisce, probabilmente, a svolgere molto presto anche lo stesso governo italiano, che ha recentemente annunciato la propria intenzione di organizzare per il prossimo 24 gennaio un’importante conferenza sui Balcani nella città di Trieste; mossa, senza dubbio, di un certo interesse che mostra come i fari del nostro Paese si stiano finalmente riaccendendo (ci si augura, peraltro, non in modo solamente transitorio) su una delle aree maggiormente importanti per la sua sicurezza e per la protezione dei propri interessi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore