FONDI EUROPEI PER LA DIFESA (2021-2027): A CHE PUNTO SIAMO?

Di Annalisa Triggiano*

Bruxelles. Il Parlamento Europeo ha adottato, ieri, un nuovo testo provvisorio e parziale sul Fondo Europeo per la Difesa (2021-2027) auspicando un approccio più ‘Europeo’ alla Difesa stessa1.

Fondi per la Difesa comune europea

In continuità con l’EDF (edizione del giugno 2017), tenuto conto dell’esperienza maturata con la Preparatory Action on Defence Research (2017-2019) e con l’implementazione dell’EDIDP (EU Defence Industrial Development Programme – Regulation 2019-2020), le istituzioni europee hanno voluto confermare l’impegno “finanziario” per il settore Difesa con la proposta di EDF (2021-2027) rilasciata il 13 giugno 2018.

La votazione della Risoluzione costituisce una proposta di Regolamento. Ha avuto 328 voti a favore, 231 contrari e 19 astenuti.

La versione aggiornata e potenziata del Fondo rafforzerà l’innovazione tecnologica e la cooperazione nel settore della Difesa europea e ambisce a collocare l’UE tra i primi 4 investors nel campo della ricerca e tecnologia in ambito Difesa. Qui una sintesi ragionata dei contenuti essenziali della Risoluzione.

Il Parlamento al momento ha fatto, per il programma 2021-2027, una richiesta di budget di 11,5 miliardi di euro al valore del 2018 (attualizzati in circa 13 miliardi di euro). Questa cifra andrà comunque ridiscussa durante le future negoziazioni sul budget complessivo di lungo termine (2021-2027).

Più nel dettaglio, il documento ripartisce le cifre nel modo che segue (nel valore aggiornato):

Euro 4.100.000.000 per azioni di ricerca;

Euro 8.900.000.000 per azioni di sviluppo prodotti industriali.

All’art. 3 del documento sono indicati gli obiettivi generali del Fondo, che vale qui la pena di evidenziare:

Obiettivo generale del Fondo è potenziare la competitività, l’efficienza e la capacità innovativa della base industriale e tecnologica europea in ambito Difesa, in modo da contribuire all’autonomia strategica dell’Unione e alla sua libertà di azione, supportando azioni collaborative e cooperazione transnazionale tra differenti realtà operanti nell’Unione, in particolare piccole e medie imprese e imprese a medio capitale”.

Altro obiettivo del Fondo è quello di migliorare l’agilità dell’intera catena degli approvvigionamenti in ambito difesa (defence supply and value chains), ampliando il potenziale di innovazione, ricerca e sviluppo tecnologico europeo.

Al momento, dunque – volendo sintetizzare – gli aspetti principali del Fondo sono:

  • Supportare l’intero ciclo di sviluppo produttivo dei prodotti industriali di difesa. Dalla ricerca (con un finanziamento fino al 100%), alla prototipazione (fino al 20%), fino alla certificazione (fino all’80%).
  • Le imprese medio-piccole (SMEs) e di medio capitale saranno incentivate, dal punto di vista economico, a partecipare ai Bandi europei, ricevendo finanziamenti premiali. Anche i progetti di ricerca provenienti dal consorzi che comprendano Piccole Imprese vengono favoriti in vario modo (aumento dei tassi percentuali di finanziamento come disposto dall’articolo 14).

Questo punto – guardando alla questione nell’ottica dei nostri interessi nazionali industriali – merita tanta più attenzione ove si consideri che, in Italia, le Piccole Medie Imprese costituiscono un tessuto imprenditoriale di poche aziende internazionali e moltissime aziende locali, medie e piccole (PMI), soprattutto micro imprese che, ad oggi, rappresentano ancora più del 90% del tessuto imprenditoriale nazionale.

Mi pare superfluo sottolineare che, per le PMI del comparto, i Fondi europei in questione costituiscano un carburante indispensabile. In tale direzione – e per favorire una più efficace e cospicua partecipazione delle PMI italiane ai bandi specifici in tema di Difesa, spesso erroneamente considerati di difficile reperibilità e attuazione – sarebbe altresì auspicabile la creazione di un organismo istituzionale che permetta una agevole consultazione delle fonti informative e che sia composto da esperti del settore.

  • I progetti saranno selezionati e approvati principalmente – ma non solo – sulla base della rispondenza alle priorità di difesa concordate dagli Stati membri nel quadro della Politica Estera di Sicurezza Comune. Ma anche le priorità sancite in ambito NATO potranno essere prese in considerazione.
  • Soltanto i progetti collaborativi che comprendano almeno tre partecipanti provenienti da tre Stati che siano membri o Paesi associati UE potranno essere prescelti per il finanziamento. Tuttavia, il documento precisa che anche i Paesi appartenenti alla cosiddetta European Economic Area potrebbero partecipare a programmi finanziati dall’Unione che possano rientrare nel quadro della cooperazione statuita dall’Area economica europea.

Naturalmente – per questa eventualità – sarebbe a mio avviso necessario prevedere espressamente un consistente potenziamento delle competenze dell’Ufficio Anti Frode Europeo, onde poter monitorare la gestione degli eventuali fondi accordati.

  • Un ruolo di rilievo viene assegnato – nel documento approvato – all’European Cybersecurity Industrial, Technology and Research Competence Centre, di futura istituzione, al quale vengono demandati compiti di promozione di sinergie, in ambito ricerca cyber, tra gli Stati membri e le imprese coinvolte e di supporto su progetti e azioni.
  • Un supporto finanziario particolare per le cosiddette “innovazioni dirompenti” (disruptive technologies) in ambito Difesa, le quali – come viene esplicitato nel documento – sovente provengono anche da Attori non tradizionali nel comparto Difesa. Di qui, la necessità di meccanismi di consultazione e di accesso ai Fondi per tali soggetti.
  • Valutazione etica (Ethical Assessment) dei progetti e conformità alle norme del Diritto internazionale. Questo è senza dubbio un punto rilevante del documento, nel momento in cui pone un “rating etico” alla finanziabilità dei progetti le cui tecnologie non devono porsi in contrasto con le norme pattizie internazionalmente riconosciute.

Ne deriva che ad esempio non potrebbero essere finanziate azioni per lo sviluppo di armi autonome letali (Letal Autonomous Weapons) senza la possibilità di un significativo controllo umano sulle decisioni relative alla selezione e all’ingaggio nell’effettuare attacchi contro esseri umani. Viene però fatta salva la possibilità di finanziare azioni per lo sviluppo di sistemi di allerta rapida e contromisure a fini difensivi. Progetti non ‘eticamente approvabili’ verranno esclusi dal finanziamento.

  • Una novità ulteriore è rappresentata da un più incisivo coinvolgimento dell’OLAF (Ufficio Europeo Anti Frode) e dell’European Public Prosecutor’s Office (EPPO) i quali – nell’ambito della Direttiva 2017/1371 – vigileranno su eventuali frodi e distrazioni dei Fondi Comunitari, svolgendo azione di monitoraggio e ispezione sull’uso degli stessi da parte degli Stati e degli Stakeholders beneficiari.

Il relatore Zdizslaw Krasnodebski (ECR, PL) ha rilasciato una dichiarazione subito dopo la conclusione dei lavori: “Credo che il Fondo Europeo per la Difesa sarà di supporto per sviluppare in sinergia prodotti di difesa e tecnologie grazie alla cooperazione delle industrie di Difesa provenienti da differenti Stati Membri, anche quelli finora non coinvolti nell’iniziativa.

Grazie all’EDF, non solo potremo prevenire uno spreco di denaro dei contribuenti, dovuto a una superflua duplicazione delle capacità di Difesa, ma, ancor di più, incrementeremo la sicurezza europea creando anche nuove opportunità lavorative nelle industrie del Comparto”.

Anche se la Difesa Europea è e sarebbe altro rispetto alla pur necessaria, più che mai per il nostro Paese, cooperazione nella ricerca, nella produzione industriale e nella cooperazione finanziaria, il proposito di fondo che sostiene l’istituzione del Fondo Europeo della Difesa, fin dalla sua prima ‘versione’, è senza dubbio lodevole (“un uso più ragionevole e più efficace delle risorse delle singole Nazioni europee in ambito difesa”).

Mi sembra poi apprezzabile che il documento approvato nella sessione di ieri faccia il punto sulla titolarità dell’erogazione e della gestione dei Fondi: si auspica in tal senso un maggiore coinvolgimento della Commissione Europea, che dovrebbe – articolo 15 bis – provvedere a una ‘gestione diretta’ dell’attuazione del Fondo, in modo da massimizzarne l’efficacia e l’efficienza e garantire piena coerenza con le altre iniziative dell’Unione, particolarmente alla luce del PADR e dell’EDIDIP2.

In continuità con l’EDF (edizione del giugno 2017), tenuto conto dell’esperienza maturata con la Preparatory Action on Defence Research (2017-2019) e con l’implementazione dell’EDIDP (EU Defence Industrial Development Programme) Regulation (2019-2020), le Istituzioni europee hanno voluto confermare l’impegno “finanziario” per il settore Difesa con la proposta di EDF (2021-2027) rilasciata il 13 giugno 2018.

I prossimi passi? Toccheranno – nell’ottica di una prosecuzione, naturalmente, delle discussioni fino alla definitiva fissazione del budget pluriennale che sarà più o meno consistente anche in ragione delle Forze politiche che prevarranno – al Parlamento della prossima legislatura.

1 http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+TA+P8-TA-2019-0430+0+DOC+PDF+V0//EN

2 Rimando, per chiarimenti e approfondimenti, al mio contributo in argomento curato per Alpha Institute of Geopolitics and Intelligence (www.alphainstitute.it)

*Docente a contratto Università degli Studi Roma Tre, ex Ricercatrice CEMISS

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