Siria, il gas c’entra davvero

Di Vincenzo Santo*

Parliamone a freddo. L’accadimento recente della Gouta siriana mi ha spinto a formulare alcune riflessioni, e conferme per quanto mi riguarda, che voglio condividere:

  • come non sia difficile anche per un uomo di governo essere ingannato;

  • l’importanza di aver chiari gli interessi nazionali e gli obiettivi ad essi connessi;

  • la necessità di saper distinguere tra politica estera ed affari esteri e di non farsi raggirare dalle parole o dalle certezze dei politici e dalle spinte umanitarie. Per tutto c’è una convenienza.

Numerose le riflessioni dopo Gouta

Occuparsi degli interessi nazionali è compito di chi governa. Ma gli interessi devono essere declinati in obiettivi e, per questi, bisogna poi fissare “il come e il con che cosa” conseguirli. Vecchia storia. Responsabilità sempre dell’esecutivo. Su questo schema, semplice ma non facile, si basa la strategia di sicurezza di una nazione. Il Paese che si occupa dei propri interessi in questo modo e ne informa i propri cittadini è comunque degno di ammirazione. L’informazione evidentemente rappresenta l’aspetto politico con cui presentarsi non solo ai propri tax payers ma anche al mondo. È una sorta di gioco a carte scoperte tranne una o due, quelle che fanno la differenza tra la politica estera e gli affari esteri. Dove questi sono quel qualcosa che viene fatto con i mezzi a disposizione dello Stato ma per il suo particolare ambito di segretezza deve poi essere tradotto e detto in “politichese”. Chiaro no?

In buona sostanza, lo sventolio della bandiera del diritto internazionale o dell’intervento umanitario è soltanto ciò che si dice ufficialmente per motivare una guerra civile o un intervento di forza a fronte di un fatto degno del pubblico ludibrio, pur sapendo molto bene che ciò che si dice politicamente nasconde un inconfessabile obiettivo. Complimenti a chi riesce a farlo!

Tuttavia, la complessità del meccanismo, il fatto che debba prevedere uno stretto, talvolta lento e farraginoso coordinamento tra i dipartimenti, dove possono albergare tanti e diversi interessi portati avanti da lobbisti di vario genere, potrebbe portare a presentare i fatti in modo distorto anche a chi è chiamato a decidere. È questo il pericolo più grande che oggi noi corriamo in considerazione dell’attuale scarso spessore dei politici occidentali e della indubbia maggiore complessità del nostro mondo rispetto a quello di un Churchill, di un Metternich, di un Taillerand, di un Bismarck. Gente che, ne sono certo, anche oggi passerebbe il tempo a leggersi le cose e a non perdersi in tweet vari o in continui viaggi per inaugurare il niente, e solo per farsi fotografare. La lettura è alla base della riflessione, quindi del pensiero e della decisione. Farsi leggere i dossier è pericoloso.

Un meccanismo fatto sì di procedure, ma inevitabilmente di persone. E le persone hanno proprie emozioni, reazioni e convinzioni. A tutti i livelli.

E gli Stati reagiscono come le persone.

Così, in un sistema tanto complesso, che tra l’altro postula la necessità che esistano margini di autonomia e ampie deleghe in termini di autorità nei vari settori, può facilmente accadere che ciò che solo sembra venga presentato invece come reale. Pertanto, può ancora accadere che chi è chiamato a decidere lo faccia davanti a uno scenario costruito ad hoc senza che se ne renda conto. Si crea pertanto una percezione tale da generare una reazione aspettata, in sintonia con il carattere del decisore, e la frittata è fatta. Difficile tornare indietro. Gli statisti di un tempo avevano tutto sotto controllo, molto difficile prenderli in giro. Erano loro che costruivano la politica e coordinavano e controllavano gli affari esteri. Oggi, per molti dei politici di oggi, non è sempre così. Mentre sono convinto che un Putin abbia il pieno controllo, non lo sono altrettanto per altri. Soprattutto per le democrazie occidentali.

Il Presidente russo ha il pieno controllo della situazione siriana

Attenzione, non sto giustificando nessuno, sto solo affermando l’esistenza di un grave pericolo incombente, cioè quello di vivere il rischio di una catastrofe solo perché chi comanda non è più, secondo me, nelle condizioni di conoscere tutto, ovvero spesso non è messo in quelle condizioni, pur rimanendo responsabile delle sue decisioni. L’esercizio dell’inganno e della slealtà è la migliore pratica, anche all’interno delle amministrazioni dello Stato, per perseguire un obiettivo, soprattutto se intorno a questo girano tanta pressione e tanti soldi. È dura non accettare le lusinghe lucrose di chi ha interesse che da qualche parte nel mondo accada qualcosa che poi si traduca in affari importanti per se stesso. Pertanto, perché non presentare prove inoppugnabili sul fatto che Saddam possegga armi di distruzione di massa e che, quindi, sia il caso di fargli del male così che, nella ricostruzione, si possa aiutare ancor di più la propria industria bellica, oppure un’importante compagnia logistica, oppure ancora un’affamata struttura di mercenari (contractors) o persino una o più NGO affiliate?

Se questo accade all’interno di un’amministrazione (ci ricordiamo di Colin Powell quando dovette presentare le prove dell’inesistente pistola fumante di Saddam?) figurarsi tra Stati.

Quindi, oggi più di ieri, c’è assolutamente bisogno che la gente comune non si accontenti e non si fermi a ciò che viene detto nei comunicati, negli slogan, ma cerchi di andare ben oltre le parole. Insomma, essere meno creduloni non farà del male. Sta all’elettore comprendere la differenza che esiste tra il dire e il fare del politico e, alla fine, trarne le dovute conclusioni.

E, quindi, occorre stare attenti nel prendere per sincero l’afflato umanitario di chi vende una guerra o un atto di forza come fatti ineluttabili, necessari, come Macron, Trump e la May hanno dichiarato recentemente. Lo scodinzolamento di Gentiloni con le sue parole non conta nulla; il saper tacere spesso è meglio, non è mai obbligatorio parlare. Il suo intervento anche dinanzi al Parlamento rappresenta ahimè la vuotezza di una strategia di sicurezza nazionale. Che non mi pare esista, peraltro!

SUL PRESUNTO ATTACCO CHIMICO IN SIRIA

Sull’ultimo presunto attacco chimico in Siria molto è stato detto e scritto. Io credo che, così come quello dell’aprile 2017, anche questo sia stato una montatura.

Ma proviamo a darci una lettura sul perché.

USA, Francia e Gran Bretagna sono intervenuti con un raid punitivo, del resto non previsto dal diritto internazionale, a meno che non avesse avuto, e non l’ha avuto, il blessing del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Tuttavia, le motivazioni dei rispettivi partecipanti sono state differenti. Intanto, sono dell’opinione che Trump sia stato trascinato da qualcun altro nel convincersi che dell’attacco chimico il responsabile fosse il regime di Damasco. L’uomo si indigna facilmente e, sanguigno come è, è molto facile che abbia offerto il suo ascolto non solo al furbastro principe azzurro parigino ma anche al suo deep state. Poi, ora che c’è Bolton a consigliarlo! E credo che se ne sia reso conto troppo tardi, dopo l’ultimo tweet.

E qui cade a fagiolo la mia lunga introduzione. Gli inganni si perpetrano anche tra amici e alleati, se serve.

Dei tre, i più pericolosi secondo me, sono la May e Macron. Come ha scritto Riccardo Ruggeri su LaVerità pochi giorni fa, sono “… leader deboli, fighetti, di impronta «dem» o «neocon» …”, del tipo Bush, Obama, Cameron e Sarkozy. Ridicoli guerrafondai, scrive il Ruggeri, che “… utilizzano la guerra come modalità per «esportare la democrazia», pur sapendo di non essere in grado di farla, e se la fanno certi di perderla (una delle idee più idiote che siano state concepite nella storia del mondo) …”.

I presidenti americani poi sono facili nel commettere cavolate quando sono trascinati e si convincono di doversi infilare nel tunnel idealista, alla ricerca di pistole fumanti irachene, che non esistono, oppure quando danno credito a un mini-furbastro post-napoleonico come Sarkozy, o a un amante della non-verità come Blair, e finiscono per fare danni. Del perché di Gheddafi, molti ne hanno già parlato.

I soldi dati dal dittatore libico per la campagna elettorale del francese e, forse, anche perché Gheddafi stava brigando per liberare gli Stati sub-sahariani della schiavitù del Franco Africano (CFA) sarebbero, e io lo credo, le vere ragioni. Non certo le foto fake dei falsi cimiteri, circolate per commuovere noialtri.

Ma un bravo merita chi riesce a costruire una verità!

Per la Siria, diciamo che è facile ipotizzare le difficoltà di entrambi, di Macron e della May sul fronte interno. Il dossier della Brexit è noto.

Macron, inoltre, credo abbia la necessità di mostrare i muscoli per rinforzare l’amicizia con i sauditi, che comunque non lo vedono ancora tanto affidabile, dati gli approcci francesi con l’Iran, a partire da Hollande già all’indomani della firma del patto sul nucleare, benedetto da Obama. Ma soprattutto per far capire che c’è anche lui. La May, impegolata nella Brexit e presa in un difficile confronto con Bruxelles, cerca di accattivarsi la benevolenza dei Paesi dell’Est europeo perché l’appoggino nella trattativa, in cambio di una sua linea molto dura contro Mosca.

Il Presidente francese Macron e la premier britannica May

La politica antirussa britannica in proposito è chiara, dai dossier dell’Ucraina e della Crimea, all’impegno NATO nell’Europa orientale e all’avvelenamento della spia russa (presunto). Nonché all’opposizione al North Stream 2. Quindi alla Siria. E qui troviamo anche il buon Macron. Guarda caso, quell’attacco è avvenuto poco dopo che Trump aveva dichiarato le sue intenzioni di non interessarsi più della Siria ma di lasciarne la gestione agli alleati regionali, Israele e i sauditi in primis. Che coincidenza. Attacco avvenuto, si è “riscattato l’onore della comunità internazionale” e Trump ha confermato comunque il suo intendimento di andarsene.

Che brutto rospo, questo, da ingoiare per il neo principe azzurro europeo. Ha alzato la testa millantando la sua capacità di aver convinto l’americano a rimanere ed è stato subito respinto brutalmente. Lo ripeto, forse perché Trump, che non intendo difendere, si è accorto di essere stato preso in giro?

E adesso? Macron avrebbe bisogno che l’America rimanesse imbrigliata da quelle parti. In gioco c’è molto da spartire e i francesi fremono. Pertanto, non è detto che altri inganni non avranno luogo.

IT’S THE GAS, STUPID!

Già la primavera siriana venne fomentata certo dalla stupidità occidentale di credere nelle favole della democrazia da esportare ma soprattutto, e sia chiaro, dalla necessità di liberarsi di Assad. E Obama, il premio Nobel per la pace, non è esente da responsabilità nella vicenda.

L’Europa è alla continua ricerca di diversificare i propri approvvigionamenti di gas per non dipendere eccessivamente dalla Russia. E la vicenda ucraina aiuta in questo gli USA che, finalmente per loro, hanno iniziato a esportare LNG in Polonia e nei baltici. La Russia, a sua volta cerca strade alternative al percorso ucraino per garantire il proprio gas all’Europa, da qui il già citato North Stream 2. E di questo abbiamo già fatto cenno.

Prima della guerra civile vi erano due progetti in competizione tra loro. Qatar e Iran erano gli attori principali. Il primo progetto prevedeva la costruzione di una pipeline dal Golfo Persico via Arabia Saudita, Giordania, Siria e Turchia per il trasporto del gas qatarino dal più ampio bacino di gas naturale al mondo a 3 mila metri sul fondo del Golfo Persico. Il medesimo bacino di cui si serve per un terzo l’Iran. Tuttavia, Assad non concesse l’autorizzazione a che quel tracciato passasse per la Siria e la pressione della Russia fu evidente.

Assad preferì sostenere il progetto iraniano, apparentemente con la benedizione di Mosca (che lo preferiva all’altro in quanto appoggiandolo avrebbe potuto esercitare maggiore influenza su Teheran), che prevedeva il passaggio attraverso l’Iraq e la Siria per arrivare nel Mar Mediterraneo proprio nelle aree del Levant Basin.

Le aree del Levant Basin

Da qui, in sintesi, il sostegno di Doha e dei sauditi, nonché degli Stati Uniti e dei suoi alleati, compresa la Turchia, che molto avrebbe beneficiato in termini di transit fees, per gli oppositori del regime. Con l’Iran, invece, accorso in aiuto ad Assad.

C’è quindi da pensare seriamente che il conflitto siriano non sia tanto una guerra civile, ma il risultato tragico di una contrapposizione di attori interessati alla realizzazione di uno dei due progetti.

Ora che il destino del regime appare assicurato dall’intervento russo, il progetto iraniano potrebbe riprendere vita, suscitando l’interesse dei tifosi del Qatar, anche perché esso si innesterebbe idealmente all’EastMed (Eastern Mediterranean pipeline) che incernierato su Cipro quale potenziale hub (ma potrebbero esserlo le strutture egiziane di LNG) convoglierebbe il gas da esportare dal citato Levant Basin in Europa, passando per la Grecia e approdando in Italia, allacciandosi o integrandosi ad altri progetti che convoglieranno il gas azero e russo sempre in Europa, attraverso Grecia e Turchia. Tanto per dare un’idea di che cosa stiamo parlando, e facendo riferimento ai rilevamenti dello US Geological Survey, questi giacimenti, incluso il sottosuolo del Nile Delta Basin, avrebbero il potenziale globale di più di 10 mila miliardi di metri cubi di gas, in grado di sfidare le potenzialità di altri produttori quali Russia ed Algeria, e di 3,5 miliardi circa di barili di petrolio. Nei giochi, da non scordare, va considerato anche il potenziale dei quattro blocchi di esplorazione in cui la Siria aveva diviso la sua fascia costiera prima dello scoppio del conflitto.

Blocchi che molto probabilmente interessano parecchio i francesi, che pur preoccupati per i contenziosi tra Israele e Libano, tra Turchia e Cipro, un po’ delusi dalle improduttive ricerche effettuate in quelli assegnati alla Total nelle aree cipriote e probabilmente indispettiti, invece, per i successi (non ultimo, quello egiziano di Zohr) e per l’intraprendenza della stessa ENI e, infine, per gli accordi che l’Italia ha preso con Grecia, Cipro ed Israele per una più veloce implementazione del progetto EastMed, cercano di imporsi in questo enorme mercato.

Gli americani già operano felicemente in zona tanto nelle aree cipriote che in quelle israeliane con la Noble Energy, e probabilmente di essa non si potrà fare a meno nelle future esplorazioni e sfruttamenti.

Ma ai francesi brucia. Pertanto, questi hanno fortemente bisogno della presenza militare americana per accodarsi e sedersi un domani al tavolo della spartizione, anche a costo di litigare con la Turchia, che tanto contenta non è, neanche per le esplorazioni a sud di Cipro, aree che Ankara afferma si sovrappongono alla sua Zona Economica Esclusiva.

E il recente episodio di una nave dell’ENI conferma la determinazione turca in proposito. Come si vede in figura, inoltre, la fascia costiera della Siria è ben compresa nel suddetto bacino. Da qui si può comprendere l’interesse turco per l’area di Afrin e, con tutta probabilità, anche del mare prospiciente. E l’idea turca di costituirsi come hub commerciale del gas destinato in Europa anche per le risorse del Mediterraneo orientale non è stata ancora del tutto abbandonata.

Macron non si rassegnerà ad essere fuori da questo gioco. Molto più della May, che pure è presente in zona con la British Gas Group, ma che, con il suo scapigliato Johnson, vuole soprattutto incolpare la Russia per tutto e in ogni dove.

Insomma, un bel pezzo di mondo dove “bagnare il biscottino” ed ingannare.

Ognuno legittimamente protegge e ricerca ciò che può fargli comodo, nel quadro della convenienza che trova e delle opportunità che coglie. Dovremmo impararlo! É un mondo, quello di oggi, in cui la corsa per ciò che rimane in termini di risorse ha immediata ripercussione non solo sull’aspetto politico, economico e finanziario, il vero vincitore della globalizzazione, ma anche su quello che la gente comune è portata a credere.

Tuttavia, da tutto questo intreccio, all’apparenza confuso, di interessi privati e pubblici, di inganni e di alleanze e amicizie più o meno egalitarie, va tratto un insegnamento importante, cioè che nelle relazioni internazionali non c’è posto per il cuore.

Chi ne parla è perché ci vuole molto probabilmente ingannare, ma con il cuore in mano.

*Generale CA ris

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