Traffico di stupefacenti, la Guardia di Finanza smantella una rete di trafficanti legati all’ndrangheta che commerciava con il Sud America ed il Marocco

Catanzaro. La Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e del SCICO, in collaborazione con diversi Reparti sul territorio nazionale, hanno eseguito un’operazione di polizia con l’impiego di oltre 300 finanzieri.

Operazione antidroga della Guardia di Finanza

In Calabria, Lombardia e Puglia sono state fermate 25 persone, indagate, a vario titolo, per reati in materia di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravata dalla modalità mafiosa e dalla detenzione di armi.

Nella rete degli inquirenti sono caduti nomi di spicco della ‘ndrina. L’inchiesta, denominata “Ossessione”, in relazione alla maniacalità manifestata dai principali indagati, costantemente assillati dal pensiero di essere monitorati dalle Forze dell’ordine, ha dimostrato come i vertici del sodalizio fossero in grado di disporre di diretti canali di approvvigionamento di cocaina dalla Colombia, dal Venezuela e dalla Repubblica Domenicana, dall’Olanda.

Le indagini, coordinate dalla Procure della Repubblica di Catanzaro hanno disarticolato un’organizzazione criminale, ritenuta dagli inquirenti molto, dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Tra le sue fila, l’indagine ha scoperto la presenza di esponenti di spicco della cosca dei Mancuso egemone sulla criminalità organizzata vibonese che, tra i comuni di Limbadi e Nicotera, hanno, man mano, esteso forti interessi delinquenziali nell’hinterland milanese.

Le indagini svolte dalla Guardia di Finanza hanno consentito di accertare anche che, seguendo un’ottica prettamente imprenditoriale, l’organizzazione, in attesa dell’arrivo delle partite di cocaina dal Sudamerica, con lo scopo di massimizzare il profitto, intesseva rapporti d’affari con un cittadino marocchino residente a Milano, in diretto contatto con i principali cartelli maghrebini, per l’importazione di massicce quantità di hashish.

La spiccata transnazionalità dell’organizzazione ha evidenziato, dunque, nuovamente l’indissolubilità del trait d’union tra la criminalità organizzata calabrese de i “cartelli” mondiali della droga ed una capillare diffusione nel nostro Paese.

Tutto ciò fa sì che il gruppo criminale operasse come una vera e propria multinazionale del narcotraffico, curando l’acquisto “all’ingrosso”, a prezzi assolutamente concorrenziali, della droga, direttamente dai produttori, per poi smistarla in territorio calabro e lombardo tramite una fitta rete di complici.

In tale contesto, le indagini hanno fatto registrare come i vibonesi siano stati in affari anche con esponenti legati al clan dei Mazzaferro di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) da anni trapiantati nel milanese e nel comasco, in grado di smistare importanti quantità di droga in Lombardia.

L’inchiesta ha evidenziato il ruolo fondamentale rivestito dalle donne che fungevano da “teste di ponte” per le comunicazioni tra i vari appartenenti al clan. Oltre ad essere co-finanziatrici, intermediarie di alto rango con gli esponenti dei cartelli sudamericani.

Tra i nomi in cima alla lista dei grandi trafficanti di stupefacenti ed in contato con i clan Julio Andres Murillo Figueroa, noto narcotrafficante colombiano, ospitato dai calabresi a Milano per pianificare l’arrivo della cocaina dai Paesi dell’America Latina. Il colombiano ha in passato collaborato con i “guerriglieri colombiani”, nonché con il famigerato Pablo Emilio Escobar Gaviria, il sanguinario capo storico del “cartello di Medellín” tra gli anni ’80 e ’90.

Pablo Escobar

Grazie ad una costante attività d’indagine, nonostante le estreme accortezze attuate dai trafficanti, a marzo scorso, le Fiamme Gialle sono riuscite ad entrare in un deposito dove era stata stoccata la droga in Milano. E sequestravano oltre 430 chili di hashish, giunti in Italia dal Marocco, via Spagna, e una pistola, oggetto di furto.

L’ingente quantitativo di droga sequestrato, in realtà, rappresenta solo una quota parte del prodotto commissionato dai calabresi al potente cartello di stanza in Marocco, in grado di assicurare costanti ed enormi forniture di droga.

L’operazione rappresenta, senza dubbio, il frutto di un intenso lavoro investigativo, durato oltre due anni, che ha visto i finanzieri della Sezione G.O.A. del Nucleo PEF./G.I.C.O, specializzata nelle indagini in materia di contrasto al traffico internazionale, con la collaborazione del Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata, immergersi nei luoghi e nelle abitudini degli associati, tanto da carpirne a pieno l’organigramma ed il modus operandi.

L’inchiesta, oltre ad infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che dei mancati guadagni, ha, così, consentito di identificare tutte le persone coinvolte, ognuno con un ruolo ben preciso.

Lo spaccato che emerge in maniera lampante è l’estrema ramificazione delle moderne ‘ndrine che ha consentito alla ‘ndrangheta di disporre di numerosi e floridi canali di approvvigionamento, che ne hanno notevolmente accentuato la pericolosità e l’invasività.

La vocazione transnazionale ha rinsaldato rapporti d’affari tra la malavita calabrese e quelle sudamericane, olandesi, spagnole e nordafricane, consentendo un abnorme ampliamento delle zone d’influenza, in molti casi, con l’esportazione del modello organizzativo tipico dei territori d’origine, nelle zone nazionali maggiormente sviluppate, determinando il predominio sulle similari associazioni delinquenziali nazionali e/o estere.

Da delinquenza crudele e rurale, un tempo dedita essenzialmente alle estorsioni e ai rapimenti, la ‘ndrangheta ha saputo riciclarsi in una vera e propria holding del crimine, in grado di accumulare e gestire immensi patrimoni illeciti e di inquinare ogni settore del sociale.

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