Don Pedro Denegri, l’armatore di Garibaldi al Callao (Perù)

Di Gerardo Severino*

LIMA (PERÙ) – nostro servizio particolare. Per chiunque si dovesse approcciare, sia interrogando Internet che sfogliando i libri di storia, nel tentativo di conoscere a fondo la figura di Pietro Denegri, capiterà di notare che, nella stragrande maggioranza dei casi, si parla di lui solo limitatamente al fatto che era stato l’Armatore e proprietario della celebre “Carmen”, la nave mercantile affidata a Giuseppe Garibaldi per il trasporto del guano[1].

Anzi, molto spesso, lo stesso Denegri, per merito di quella corrente di ricercatori meglio noti come “revisionisti”, è stato anche tacciato di essere stato uno “schiavista”, peraltro al pari dello stesso Garibaldi, per via del fatto che l’Eroe dei due Mondi, almeno secondo alcuni storici male informati, ovvero “in mala fede”, tornando da un viaggio commerciale in Cina, avrebbe portato con sé – e secondo loro “clandestinamente” – non pochi migranti di quel Paese, ridotti addirittura in schiavitù.

Sappiamo, invece, che non fu così e che i cinesi trasportati a bordo della “Carmen” erano solo alcuni membri dell’equipaggio, reclutati mesi primi nello stesso porto di Lima.

Molti cinesi erano giunti in Perù come emigranti, peraltro “reclutati” su autorizzazione del Governo, onde essere impiegati, oltre che nell’industria del guano, anche in altri settori lavorativi, come approfondiremo meglio in avanti[2].

Ma Pietro Denegri, passato alla storia col nome di Don Pedro, non fu ovviamente solo un Armatore.

Come vedremo a breve, egli fu uno degli uomini più in vista fra quelli che componevano la Colonia sardo-italiana in Perù: un grande mercante, un imprenditore di ampie risorse e idee, ma soprattutto un mecenate, capostipite di una grande famiglia che ha dato al Perù uomini di altissimo prestigio Istituzionale, prim’ancora che un contributo enorme alla crescita economica e politica del grande Paese Andino.

Fra di loro anche l’attuale Addetto Navale presso l’Ambasciata del Perù in Italia, Capitano Jorge Denegri Boltan, che ringraziamo per la collaborazione prestata.

Ci auguriamo di rendergli giustizia grazie a questo modesto contributo.

Carta geografica raffigurante l’ubicazione del Callao rispetto a Lima

Dalla Liguria al Perù (1792 – 1871)

Pietro Antonio De Negri Vassallo – queste sono le generalità complete, secondo la tradizione Spagnola – nacque a Casella, un pittoresco borgo situato sulla destra del torrente Scrivia, nell’alta valle omonima, oggi facente parte amministrativamente della Città Metropolitana di Genova, il 27 aprile del 1792 (secondo altre fonti, nel 1807), figlio di Pietro Giuseppe De Negri, 26 anni e di sua moglie, Anna Vassallo, di anni 24.

Giuseppe Denegri era un medico e scienziato ligure, che per anni avrebbe operato, in qualità di chirurgo, dapprima presso il celebre Ospedale di Pammatone³ e poi all’Ospedaletto, sempre a Genova.

Uomo di ampie vedute, il Dottor De Negri (in atti citato anche nella versione di de Negri) fu seguace delle idee repubblicane, giunte in Liguria assieme agli occupanti d’oltralpe, tanto è vero che nel 1798 lo troviamo, quale “Seniore” [4], tra i Deputati al Corpo Legislativo della Repubblica Ligure[5], proclamata il 14 giugno del 1797, a seguito della nota “Campagna d’Italia” condotta dal Generale Bonaparte.

Non solo, ma da anziano scienziato, Giuseppe De Negri avrebbe anche preso parte all’8° Congresso Scientifico Italiano, che si tenne nella città di Genova nel settembre del 1846, discutendo naturalmente aspetti legati alla Chirurgia[6].

Non abbiamo particolari elementi riguardo alla gioventù di Pietro De Negri.

Possiamo solo ipotizzare che questa fu trascorsa a Genova, così come nel capoluogo ligure avrebbe vissuto anche i primi anni da adulto, cimentandosi, molto probabilmente nelle attività mercantili e nel commercio in generale.

Gran parte degli storici che hanno trattato di lui, sostengono che Pietro De Negri avrebbe raggiunto il Perù attorno al 1832, peraltro “…privo di qualsivoglia sostanza; si sobbarcò ai più penosi lavori, ed acquistata la fiducia del connazionale Felice Valega, fu inviato da lui a Cerro di Pasco, ove con indefessa costanza ed operosità stabilì le fondamenta del suo avvenire, acquistando sempre più la stima e la benevolenza del Valega”[7].

Callao Piazza Garibaldi

Successivamente, Pietro Denegri (il cognome dovette essere modificato per motivi pratici) mise in piedi un piccolo negozio in Plaza Mayor, al Callao, il porto di Lima, dove vendeva utensili.

Col passare degli anni, alternando periodi di presenza fra Lima città e la stessa Callao, Don Pedro ebbe modo di dedicarsi al traffico mercantile di cabotaggio, praticato lungo le coste del Pacifico.

Gran parte dei biografi concordano, poi, sul fatto che Pietro Denegri avrebbe compiuto diversi viaggi in Italia, prima di stabilirsi definitivamente in Perù.

L’11 settembre del 1833, appena un anno dopo il suo arrivo in America Latina, Pietro Denegri contrasse matrimonio con Donna María del Carmen Valega Iribar, una delle figlie del facoltoso imprenditore, Don Félix Valega, originario di Spotorno, di cui abbiamo fatto cenno in premessa, giunto in Perù nel 1806.

Dal loro matrimonio sarebbero nati ben otto figli (secondo altre fonti nove), sei maschi e due femmine (nell’ordine: Petronilla, Felix, Maria Manuela, Marco Aurelio, Eugenio, Manuel Felipe, Pedro Fidel e José).

Stabilitosi fra Lima e il Callao, dopo l’esperienza mineraria al Cerro di Pasco, Pietro fondò diverse Case di Commercio, operanti in vari settori, le quali avrebbero diffuso i propri traffici sia in America che in Europa.

Nel giro di alcuni decenni, dunque, Don Pedro Denegri divenne: proprietario di ampi terreni, dando anche vita ad aziende agricole; amministratore di proprie miniere d’argento (ricordiamo le miniere San Pedro e San Diego Alto, nel Distretto Minerario di Cerro di Pasco[8]); banchiere (fu uno dei soci fondatori, nel 1863, del Banco del Perù e, nel 1866, del Credito Immobiliare), ma anche proprietario di immobili, di una Casa di spedizioni, di un negozio di alimentari e fu persino socio di Imprese Ferroviarie.

In verità, la professione in virtù della quale sarebbe “passato alla storia” fu quella di Armatore di navi, proprietario di alcuni solidi bastimenti: praticamente una vera e propria “Flotta” con la quale avrebbe esercitato il commercio sia con l’Europa che con l’Asia, per non parlare di quello di cabotaggio con gli altri Stati Americani.

Aurelio Denegri il figlio più celebre di Don Pedro

Alcuni storici sostengono, poi, che Pietro Denegri, così come accadde per altri membri della Colonia italiana, si sarebbe arricchito principalmente grazie al commercio del guano, il prezioso fertilizzante molto ricercato anche in Europa.

Non solo, ma avrebbe anche operato nell’ambito del traffico dei coolies[9], come approfondiremo meglio nell’apposito capitolo.

Don Pedro investì gran parte dei capitali conseguiti con l’attività armatoriale proprio nelle aziende agricole, come accennavamo prima, affittando inizialmente la grande tenuta di Chocavento, la più grande della valle di Acarí (nel Dipartimento di Ica), ove avrebbe coltivato, assieme al primo figlio maschio, Felix (1836 – 1903), la canna da zucchero.

In queste e altre aziende avrebbero lavorato non pochi suoi connazionali.

L’Azienda verrà poi amministrata dal solo Felix Denegri, quando il padre fece definitivamente ritorno a Lima, ove però, nel corso del 1857, rimase vedovo dell’amata moglie, Maria del Carmen[10].

Da una “Guida di Lima” edita nel 1860 apprendiamo che in quel frangente storico, Don Pedro Denegri viveva ancora nella sua bella casa di Lima, in Calle de Arzobispo, n. 32, e che era anche membro, oltre a essere interessato a molteplici Imprese Commerciali e Finanziarie, anche della celebre “Sociedad de Beneficenza”, della quale fu ispettore per la Sezione di Santa Ana[11].

Oltre all’amicizia con Giuseppe Garibaldi, tema che affronteremo a breve, Don Pedro Denegri fu uno degli emigranti Italiani fra i più apprezzati e stimati nel grande Paese Andino.

Questo è il giudizio che fu dato di lui molti anni dopo la sua morte, dall’Alfani: “Ne ricordano con affetto la memoria gl’Italiani che lavorarono sotto di lui, dei quali alcuni tornarono ricchi in patria, altri rimasero in agiata condizione al Perù. La sua cultura era poca, che giovanissimo si diede al commercio, e la vita laboriosissima poco gli permise di attendere agli studij. Fu però uomo di singolare talento naturale, di molta modestia, alieno alla politica, e tutto dedito alla famiglia ed ai negozij. Morì il 26 giugno 1871, lasciando numerosa prole e nome venerato. Dei figli, il secondo, Aurelio, fu pure nel 1871 presidente della Beneficenza Italiana, e presidente della Compagnia Pompieri Roma[12]. Senza venir meno all’affetto per la patria d’origine, pensò dovere scegliere la nazionalità del paese ove nacque; fu sindaco di Lima, presidente della Camera di Commercio, deputato, e si è trovato a presiedere il Consiglio dei Ministri col portafoglio degli interni, mentre fu pure secondo vice-presidente della Repubblica”[13].

Le esequie di Don Pedro Denegri si svolsero il giorno seguente la morte presso la Parrocchia del Sagrario della Cattedrale di Lima, alla presenza, oltre che della sua copiosa famiglia, di centinaia di persone, fra autorità, amici, ma soprattutto conterranei facenti parte della locale Colonia, a lui grati per quanto da Egli ricevuto.

Cornelio de Wael Festa del Perdono presso l’Ospedale di Genova Pammatone – XVII secolo (Genova, Musei di Strada Nuova)

Don Pedro Denegri e il Capitano Garibaldi (1851 – 1853)

Come ricordato in premessa, il nome di Don Pedro Denegri viene molto spesso associato al presunto traffico “clandestino” di mano d’opera proveniente dalla Cina, persone giunte in Perù anche per mezzo dei bastimenti della stessa “Flotta Denegri”, che assicurava allora il commercio con vari Paesi Asiatici.

In realtà non fu proprio così, in quanto Don Pedro Denegri facilitò l’inserimento in Perù di gran parte degli immigrati, giunti talvolta anche come equipaggio delle sue imbarcazioni addette al cabotaggio e al trasporto del guano.

Tutto ebbe inizio – ci sembra di capire – attorno al 1851, nello stesso contesto storico nel quale – era esattamente il 5 di ottobre – giunse in Perù un esule italiano già famoso in gran parte dell’America Latina, il grande Giuseppe Garibaldi, fuggito dall’Italia nel 1849, dopo l’epica e sfortunata difesa della gloriosa “Repubblica Romana”  [14].

L’Eroe dei Due Mondi era ritornato da un lungo viaggio iniziato tempo prima da New York. Precedentemente al suo arrivo al Callao, egli aveva compiuto alcuni viaggi in America Centrale, peraltro reduce da una fastidiosa malattia contratta a Panama.

Come ricordano molti fra i suoi biografi, Garibaldi, onde evitare problemi con le Autorità di Polizia, aveva assunto il suggestivo nome di Giuseppe Pane.

La sua fama lo precedette anche in Perù, tanto che il celebre quotidiano di Lima, “El Comercio” annunciò così il suo arrivo: “Salutiamo con piacere il felice arrivo in questa capitale dell’illustre guerriero sostenitore dell’indipendenza della Repubblica dell’Uruguay e dell’unità e indipendenza Italiana”[15].

Ebbene, prima di sbarcare al Callao, Giuseppe Garibaldi, come ebbe a ricordare egli stesso nelle sue famose “Memorie”, si fermò un giorno a Paita, ove fu ospite di una generosa signora del luogo, Manuelita Saenz, da anni peraltro costretta a letto a causa dell’apoplessia.

In Perù, Garibaldi avrebbe ripreso in mano il timone di qualche nave mercantile, bravo com’era nel solcare i mari di mezzo mondo, come ci ricorda la sua ricchissima biografia.

Per poter esercitare tale mestiere occorreva però ottenere le prescritte autorizzazioni.

Alla concessione della Patente di Capitano (“Pilota”) mercantile fece seguito anche quella della cittadinanza Peruviana, come prevedeva la legislazione di quel Paese, almeno riguardo ai Comandanti di navi.

Garibaldi ai tempi della Repubblica Romana (1849)

Secondo il console di Sardegna a Lima, Don José Canevaro[16], peraltro cognato dello stesso Denegri, avendo sposato la sorella della moglie, fu l’esule Manuel Solari[17] a intercedere presso Don Pedro Denegri affinché affidasse a Garibaldi il comando di una delle sue navi, il brigantino “Carmen”, recentemente acquistato, e lo aiutasse a ottenere la licenza di navigazione[18].

L’Armatore genovese fece, quindi, ricorso a tutte le sue conoscenze – e ne aveva molte in tutti i settori della vita pubblica – pur di affrettare la partenza della “Carmen” per il suo primo viaggio commerciale.

Fra le varie problematiche da affrontare vi fu certamente quella relativa alla “Patente” di nomina a Capitano Marittimo, della quale necessitava ancora il nostro Giuseppe Garibaldi.

Questa fu concessa, il 30 ottobre dello stesso 51, dal Capitano Manuel De la Haza, Comandante della Capitaneria di Porto del Callao, attraverso il documento, che ovviamente riproduciamo nella nostra lingua: “Certifico, che in virtù del superiore Decreto spedito nella stessa data dal benemerito Signor Generale Comandate Generale di Marina ho esaminato don Giuseppe Garibaldi, naturale di Genova cittadino del Perù, conforme al supremo Decreto del 4 agosto 1840 e l’ho trovato di sufficiente intelligenza nella nautica e nel pilotaggio e con abbastanza pratica marinara, acquistata in 29 anni di navigazione per i mari di Europa e delle due Americhe, nel qual tempo ha fatto moltissimi viaggi, in numero molto maggiore di quello che si richiede per aspirare alla classe di 2° Pilota d’Altura. In virtù di questo esame e degli Articoli 6° e 7°, Trattato 4°, Titolo 1° delle ordinanze di Marina, gli rilascio la presente carta di esame, affinché possa navigare con bastimenti nazionali di questo commercio con il titolo di 2° Pilota di Matricola. Egli è obbligato inoltre, ad usare le carte e gli strumenti approvati da questo Comando da presentare al ritorno di ogni viaggio, il giornale di navigazione, come è prescritto dall’art. 6° del suddetto Decreto, senza il quale requisito questo Documento sarà nullo e di nessun valore”.

Ma gli ostacoli sembrarono essere insormontabili, tant’è vero che il giorno seguente, 31 ottobre, Pedro Denegri rivolse al Comandante Generale della Marina, al Callao la seguente istanza: “Don Pedro Denegri proprietario del bastimento nazionale “Carmen” espone a V. S.: che dovendo oggi salpare detto bastimento per le Isole di Chinca a prendere un carico di guano e non essendo terminate le pratiche necessarie per ottenere la patente del Supremo Governo, onde evitare i danni che qualunque ulteriore dimora potrebbe occasionare al sopraddetto bastimento, suppliva V. S. che si degni ordinare si dia un passaporto provvisorio fino al ritorno del bastimento dalle Isole di Chinca; favore che spera ottenere da V.S.”.

Frontespizio del libro contenente le Memorie di Garibaldi

La risposta fu ovviamente positiva, tanto è vero che Garibaldi ebbe la possibilità di “prendere il largo”[19].

La “Carmen” – non lo avevamo ancora precisato – era un brigantino a tre alberi di legno con vele quadrate, di 400 tonnellate di stazza, anche se alla Capitaneria di Porto del Callao ne erano state registrate 346.

Era stata acquistata da Don Pedro Denegri a San Francisco, in California ed era giunta al Callao in settembre (sempre del ’51), al comando del Capitano Luis Camogli, genero dello stesso Don Pedro, avendone sposato la figlia, Petronila.

L’equipaggio era composto da marinai liguri e da alcuni cinesi, per un totale di 25 uomini[20].

Don Pedro, oltre alla “Carmen”, così chiamata in onore della moglie, era anche proprietario dei brigantini “Santiago”, posto al comando di S. Gotuzzo, del “Petronila”, al comando di L. Caison e del “Carolina”, al comando di L. Sforcini.

Fu così che giorni dopo (in novembre), al comando della “Carmen”, Garibaldi si recò alle Isole Chincha[21] per caricare guano destinato a Canton, in Cina.

Sbarcò, quindi, nel porto di Pisco e visitò diversi luoghi del Dipartimento di Ica, fra i quali la stessa Ica e Palpa, ove ricevette l’entusiasta accoglienza dei molti immigrati dall’Italia, soprattutto i tanti liguri che vi si erano stabiliti nel corso degli anni.

La “Carmen” salpò alla volta della Cina il 10 gennaio 1852.

Vari sono, nelle famose “Memorie” Garibaldine i riferimenti riguardo al viaggio in Cina.

Fra questi vi è la nota profezia citata in tutte le biografie dedicate al Generale. Due mesi dopo la partenza dal Perù, durante la traversata, ebbe un sogno profetico, una sorta di incredibile caso di telepatia.

In particolare, Garibaldi sognò di trovarsi nella sua Nizza, in lutto, di fronte ad una processione funebre che veniva verso di lui.

Ebbene, esattamente in quello stesso giorno moriva la madre, “Mamma Rosa”.

Dopo aver superato le isole Sandwich entrò, tra Luzon e Formosa nelle Filippine, nel mare della Cina.

Racconta, sempre il Garibaldi che, giunto a Cantón fu inviato ad Amoy, in quanto in quel luogo non poteva vendere il guano.

Dopo di che si recò a Manila con un altro carico e ritornò a Cantón dove per intraprendere il ritorno a Lima, fu necessario riparare la nave, sostituendo gli alberi e il rame della chiglia.

Il viaggio di Garibaldi in Cina durò un anno.

L’accreditamento del Comandante Denegri presso lo Stato Maggiore della Difesa

L’esule italiano ritornò, infatti, in Perù il 24 gennaio del 1853, rimanendoci solo qualche altro mese.

La sua partenza definitiva dal Perù avvenne il 1° marzo 1853, allorquando si spostò a Valparaíso, in Cile, per caricare il cotone e portarlo negli Stati Uniti[22].

Aggiungiamo, infine, che la presenza fisica di Giuseppe Garibaldi in Perù è segnalata in due edifici particolari: la casa della famiglia Malagrida, nell’angolo di Palacio e Polvos Azules, a Lima, ed in quella che fu “Villa Schiantarelli”[23], al Callao, la grande città marittima che gli avrebbe poi dedicato anche una piazza cittadina.

Ma, forse, il luogo che più di altri avrebbe portato nel cuore fu probabilmente la casa di Don Pedro Denegri, tant’è vero che di Don Pedro, Garibaldi ebbe a scrivere – sempre nelle sue ricche “Memorie” – “Fui da esso trattato con molta generosità in tutto il tempo ch’ebbi la fortuna di servirlo”.

Don Pedro, Garibaldi e gli emigranti cinesi (1851 – 1857)

Volendo trattare la “spinosa questione” degli immigrati dalla Cina, si evidenzia che non pochi sono stati gli scrittori e gli storici che hanno sostenuto la notizia secondo la quale la “Carmen”, durante il viaggio di ritorno dalla Cina non abbia trasportato ufficialmente “coolies”, come si diceva prima immigranti cinesi, ma, secondo assurde teorie, povera gente arruolata con l’inganno, ma soprattutto in condizioni di virtuale schiavitù, la cui destinazione principale era, oltre al Perù, anche Cuba e le Antille.

In verità, queste “illazioni” o “polemiche” che dir si voglia erano sorte già nel corso dell’Ottocento, anche a ridosso di quanto aveva riportato Augusto Vittorio Vecchi (il noto Jack la Bolina) in un suo celebre libro.

Il Vecchi, oltre ad affermare che Garibaldi: “…ancora una volta marinaro va a Lima ed ottiene da D. Pedro Denegri di Chiavari il comando del clipper la Carmen e naviga dal Callao alla China trasportando emigranti chinesi”, aggiunse che lo stesso Don Pedro Denegri avrebbe affermato in un’intervista concessa allo stesso autore che Garibaldi: “M’ha sempre portati i chinesi nel numero imbarcato e tutti grassi e in buona salute; perché li trattava come uomini e non come bestie”[24].

Dalle già citate “Memorie” risulta, quindi, che ultimato il carico (forse voleva dire “incarico”), Garibaldi lasciò Canton alla volta di Lima, ma sicuramente non menziona il traporto di immigrati cinesi.

Il porto mercantile del Callao in una vecchia cartolina ottocentesca

Il periodico “El Heraldo Masonico” racconta, inbvece, che nel viaggio di ritorno, la “Carmen” trasportò merce e cittadini cinesi, destinati a lavorare nelle isole del guano, non immaginando evidentemente che tale notizia potesse essere utilizzata come prova del presunto “schiavismo” di Garibaldi.

La questione è stata confutata, infine, dalla già citata Anna Tola, alla quale rimandiamo per ulteriori approfondimenti[25].

Ebbene, grazie alla penna di Giovanni Bonfiglio, autore del poco conosciuto libro dal titolo “Gli Italiani nella società Peruviana. Una visione storica” (Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1999), per quanto molto scettico riguardo alla possibilità che Giuseppe Garibaldi avesse trasportato cinesi, apprendiamo che proprio grazie al viaggio inaugurale della “Carmen” s’aprì, in realtà, una nuova rotta commerciale verso l’Oriente.

È pur vero che tutto ciò si concretizzava proprio negli anni in cui, grazie alle facilitazioni contenute nella recete Legge d’Immigrazione del 1849, aveva avuto inizio il trasporto dei coloni cinesi in Perú, né più e né meno di come sarebbe accaduto a non pochi italiani, soprattutto dopo l’unificazione del 1861.

Sappiamo tutti, infatti, che molti nostri connazionali, spinti dalla fame, raggiunsero le Americhe con grandissime difficoltà, e spesso anche clandestinamente.

Come per gli italiani, molti dei viaggi si trasformarono, quindi, in incubo anche per i cinesi evidentemente, tenendo, infatti, presente l’opera dei “trafficanti di uomini”, categoria alla quale certamente non apparteneva il nostro Eroe Nazionale.

Ad innescare, molto probabilmente, la fantasia degli storici riguardo al presunto “schiavismo” del Denegri può essere stata anche la risposta fornita dallo stesso Don Pedro ad un “Questionario” recapitato anche a lui da parte della “Compagnia Cinese per l’Immigrazione”, presieduta da José Sevilla (socio in affari del cognato, Don José Canevaro), peraltro in un contesto storico nel quale non era nemmeno giunta al Callao la “Carmen”.

Nell’agosto del 1851, infatti, anche Don Pedro Denegri ricevette la “Circolare passata ai titolari (lgs. anche “proprietari”) di cinesi”, la quale esordì nella seguente maniera: “Signore, la Compagnia Cinese per l’Immigrazione riceverà, come distinto favore, la dichiarazione imparziale in calce a questa, del suo giudizio secondo cui sono stati addestrati nelle competenze e nei servizi, i cinesi che ha accolto più di due mesi fa. Pregando per il dissimulo di questa libertà e per i disagi che vi arreca, il vostro attento S.S. firmato José Sevilla”[26].

Nel rispondere al “Questionario” ricevuto, Don Pedro parla dell’acquisto di un cinese. Quello che segue è il testo tradotto in italiano.

“Risposta del signor Pedro Denegri – commerciante. Signori. In risposta alla vostra precedente richiesta, dico: che nei tre mesi che ho avuto il cinese che ho acquistato, non ho notato difetti gravi, e per il servizio delle mani a cui l’ho assegnato, funziona regolarmente, capendoci con i segni come i muti, perché fino ad oggi non capisce una parola di spagnolo. Sono onorato di sottoscrive a Voi S. S. – Firmato Pedro Denegri”[27].

Vecchia stampa riproducente il Garibaldi uomo di mare

In realtà, l’Armatore Denegri non si sarebbe limitato al solo cinese “acquistato” per sé, tanto è vero che nello stesso 1851, almeno secondo quanto è emerso dalla consultazione del medesimo testo, a quella data erano ben 50 i cinesi “richiesti” in Perù dal Signor Denegri, alcuni dei quali imbarcati sulla stessa “Carmen”, come ricordato prima[28].

Vero è, però, che il traffico dei coolies cinesi avveniva molto spesso anche su navi da carico non adatte al trasporto passeggeri, tant’è che in diverse occasioni si verificarono proteste e ammutinamenti, sembra anche ai tempi dello stesso Garibaldi.

Valga come esempio quanto accadde, tra l’8 e il 9 di marzo del 1857, alla stessa “Carmen”, ancora di proprietà di Pedro Denegri.

Il bastimento fece naufragio nel viaggio da Suatao (Cina) al Callao, mentre trasportava ben 260 cinesi, assunti per lavorare in Perù, secondo il rapporto del Console di Hong Kong, Nicanor Tejerina, pubblicato sulle pagine di “El Comercio” il successivo 18 luglio.

Era l’8 di marzo del ’57, una domenica, quando all’altezza della Gran Natunas (Mar della Cina), dalle 7 alle 8 di notte, l’interprete avvertì il Capitano Camogli che i coolies stavano progettando una sommossa e cercavano di prendere la nave, ma furono costretti a scendere sotto coperta.

La mattina dopo, tra le sette e le otto, i cinesi salirono sul ponte e rimasero in silenzio finché l’equipaggio non andò a pranzo.

Le isole Chincha in un’immagine del 1863

A quel punto alcuni di loro si recarono a prua e versarono nella stiva una quantità di paglia ardente, che cadde sui letti (materassi di paglia). La nave andò così completamente in fiamme.

Luis Camogli trovò la morte a causa del crollo del sartiame, scomparendo così in mare con la sua stessa barca. Con lui persero la vita, oltre a tutti i cinesi, anche tre cileni, due italiani, un greco e altre quattro persone.

La rivolta dei cinesi non fu, come ricordato prima, un caso isolato, ma certamente l’epilogo più drammatico di un traffico di esseri umani, favorito dalle Autorità cinesi, volendo sfruttare la fortissima richiesta di mano d’opera che il laborioso Perù aveva generosamente offerto ai lavoratori di tanti Paesi, sia Asiatici che Europei.

Note

[1] Il guano è un concime naturale risultante da escrementi di uccelli marini (spec. cormorani), depositati soprattutto lungo le coste e le isole povere di piogge del Perù e del Cile, contenente fosfati e nitrati e largamente usato come fertilizzante.

[2] Sull’argomento Vgs. Gerardo Severino, Garibaldi, capitano dei Due Mondi, rivista “Tecnologie e Trasporti Mare”, numero luglio-agosto 2007.

[3] L’ospedale di Pammatone, che sorgeva nel quartiere di Portoria, è stato per quasi cinque secoli, dal Quattrocento agli inizi del Novecento, il principale ospedale di Genova, svolgendo un ruolo fondamentale nel campo dell’assistenza sanitaria cittadina.

[4] Cfr. “Lista dé Deputati al Corpo Legislativo”, in “Gazzetta Nazionale della Liguria”, n. 31 del 13 gennaio 1798, p.260.

[5] La Repubblica Ligure ebbe vita breve, tanto che, nel giugno 1805, passò sotto il controllo diretto del Primo Impero francese, con a capo lo stesso Napoleone.

[6] Cfr. Diario dell’Ottavo Congresso degli Scienziati Italiani convocati a Genova nel settembre MDCCXLVI, Genova, Ed. Giovanni Ferrando, 1846, p. 82.

[7] Cfr. Augusto Alfani, Nuovi Esempi di Volere e Potere raccolti da Augusto Alfani, Firenze, G. Barbera Editore, 1906, p. 384.

[8] Cfr. Ministerio de Fomento, Padrón General de Minas, Lima, Imprenta del Estado, 1907, p. 65.

[9] “Termine con il quale nelle colonie asiatiche veniva indicato dagli Europei il lavoratore indigeno salariato o che comunque svolgesse un servizio per compenso”. Tratto da Treccani online.

[10] Félix Denegri perse l’appalto di Chocavento verso la fine dell’Ottocento, molti anni dopo la scomparsa del padre, allorquando il terreno passò in proprietà alla Banca Italiana, la quale preferì fittarlo ad altri imprenditori agricoli, fra i quali i fratelli Orezzoli.

[11] Cfr. Manuel A. Fuentes, Guia Historico-Descriptiva, Administrativa, Judical y de Domicilio de Lima, Lima, Libreria Central, 1860, p. 90.

[12] Sull’argomento Vgs. Gerardo Severino, “Perù. Dio, Patria, Umanità. I 150 anni della 7^ Compagnia Pompieri Giuseppe Garibaldi”, in www.reportdifesa.it, 20 gennaio 2023.

[13] Cfr. Augusto Alfani, op. cit., p. 384.

[14] Sull’argomento si consiglia Anna Tola, Il Giornale di Bordo del Capitano Garibaldi, La Maddalena, Paolo Sorba Editore, 2011.

[15] Lo stesso avrebbe fatto anche il seguitissimo “Correo de Lima”, il 6 ottobre 1851.

[16] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, Giuseppe Canevaro: da Capitano marittimo genovese a Console Generale sardo in Perù (1802 – 1883)”, in www.giornidistoria.net 4 dicembre 2022.

[17] Emanuele Solari, nativo di Chiavari era cugino di Mazzini con il quale si scriveva anche dal Perù.

[18] Secondo la storica Anna Tola, a presentare Garibaldi a Denegri sarebbe stato, invece, l’ex Capitano di Marina e ora Armatore, il genovese Francesco Carpaneto, Vgs. Anna Tola, op. cit., p. 65.

[19] Cfr. Giacomo Emilio Curatulo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei Fasti della Patria – Documenti Inediti, Bologna, Nicola Zanichelli Editore, 1911, pp. 10 e 11.

[20] Cfr. Anna Tola, op. cit., p. 65.

[21] Le isole Chincha (in spagnolo Islas Chincha) sono un gruppo di isole situate nell’Oceano Pacifico, al largo della città di Pisco. Nel corso dell’Ottocento ebbero grande importanza per via degli ingenti depositi di guano presenti in esse, i quali furono sfruttati per anni, esportando il fertilizzante sedimentato in varie parti del mondo.

[22] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, Il Marinaio Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi in rotta lungo le coste del Cile (1851-1853), pubblicato sulla rivista “Tecnologie & Trasporti Mare”, numero gennaio-febbraio 2003.

[23] In origine la villa era stata di proprietà del Dottor Giuseppe Caffari di Barge, che gliela fittò con grande disponibilità e affetto.

[24] Augusto Vittorio Vecchi, La vita e le gesta di Giuseppe Garibaldi narrate da Jack la Bolina, Bologna, Nicola Zanichelli, 1882, pp. 95 e 97.

[25] Vgs. Anna Tola, op. cit., p. 91.

[26] Cfr. “Rapporti sui cinesi arrivati due anni fa e lo scorso giugno, e alcune richieste scritte, avvertono che la maggior parte delle richieste sono state avanzate verbalmente”, in “Inmigracion de Chinos y Ventajas que Proporcionan al Pais”, Lima, Imprenta de José Masias, 1851, p. 10.

[27] Ivi, p. 25.

[28] Cfr. “Rapporti sui cinesi arrivati due anni fa e lo scorso giugno, e alcune richieste scritte, avvertono che la maggior parte delle richieste sono state avanzate verbalmente”, in “Inmigracion de Chinos y Ventajas que Proporcionan al Pais”, op. cit., pp. 45 e 46.

*Colonnello (Ausiliaria) della Guardia di Finanza – Storico Militare

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