Esercito: il “granchio” della trasmissione di ieri di “Le Iene” e la scorrettezza degli intervistati

Di Marco Petrelli

MODENA.  “Perché nell’Esercito non si può parlare”. Brutte parole spese in un servizio della trasmissione Tv “Le Iene”, su Italia 1, dedicato al caso, già di per sé non edificante, dell’ufficiale in servizio all’Accademia Militare di Modena che avrebbe insultato i suoi sottoposti.

Il Palazzo Ducale di Modena sede dell’Accademia Militare

Nella puntata andata in onda ieri, Le Iene hanno raccolto le interviste di alcuni allievi ed ufficiali dell’Accademia dei quali non è mostrato il volto.

Perché? “Perché nell’Esercito non si può parlare”.

Sicuri?

In ogni contesto lavorativo, Forze Armate comprese, il personale ha assoluta libertà d’espressione in ossequio all’articolo 21 della Costituzione.

Una copia della Costituzione italiana

Un limite si pone quando il dipendente rilascia interviste sul posto di lavoro: insegnanti, medici, politici, impiegati possono infatti rilasciare dichiarazioni solo se autorizzati.

E questo nel pubblico e nel privato, in abiti borghesi o con l’uniforme. In quella situazione, infatti, rappresentano non se stessi ma l’Ente o l’azienda per la quale lavorano.

Se non ci credete, provate voi stessi a registrare e postare un video mentre siete in ufficio o in fabbrica, con il logo dell’azienda in bella vista, magari parlando di politica.

Poi ci racconterete cosa vi avrà detto il capo…

Le dichiarazioni rilasciate “all’esterno” devono essere sempre autorizzate dai vertici aziendali o dell’Istituzione. E l’Esercito non fa eccezione.

La sfilza di Sottotenenti dell’Accademia mostrata nel servizio, ufficiali che tirano dritto è dovuto esattamente a questo. Regole, non omertà.

Allievi del’Accademia di Modena intonano l’inno di Mameli

A violare le regole di correttezza e di rispetto sono invece gli intervistati. E non tanto per quel volto coperto o ripreso a metà, quanto perché si sono presentati all’intervista… in uniforme.

Se la camicia kaki non vi è sufficiente a capire che fossero con l’uniforme, le tre stelle che si intravedono sulle spalle di un intervistato sono gradi da Capitano, grado di una certa importanza nella gerarchia militare e che dovrebbe ben conoscere i regolamenti.

Scorretti, quindi, perché avrebbero potuto presentarsi senza uniforme. Scorretti, perché quel “il civile non può capire” è una scusa trita e ritrita che nuoce più a chi vi ricorre che non ai civili stessi.

Il civile sa che ciò che dici, protetto dall’anonimato e senza contraddittorio, va preso con le molle.

Così come conosce la differenza fra l’obbedire agli ordini e accettare, silenti, insulti e molestie. Succede anche nel suo mondo, in ufficio, a scuola: uno che fa il prepotente, dieci che subiscono, uno che si ribella.

Il tutto sta nel saper scegliere fra il quieto vivere, la carriera e la dignità personale. Quale ha più importanza?

Al di là poi che l’Accademia sembra avesse già raccolto segnalazioni e si fosse già mossa nei confronti dell’ufficiale (sconfessando dunque il “non si può parlare”), la testimonianza anonima è strumentale solo a nuove polemiche.

L’unica affermazione corretta nel servizio l’ha fornita un giovane Sottotenente, a volto scoperto: “Se ne occuperà la Magistratura” che, peraltro, si è attivata da un pezzo.

Ci spiace dirlo, ma Le Iene hanno preso un grosso granchio sia per le ragioni sopra espresse, sia perché dare spazio ad “anonimi” ha fornito pochi, vaghi elementi per l’ennessima polemica sulle nostre Forze Armate.

Dei tanti, utili, coraggiosi servizi che il programma di Italia 1 ha realizzato negli anni, questo, purtroppo, non è classificabile fra i migliori. Anzi, non è proprio classificabile!

Le Forze Armate sono fatte di persone.

La vera differenza, caro Allievo che “il civile non può capire”, la fa la persona con la sua preparazione, la sua capacità di relazionarsi con gli altri, la sua onestà intellettuale e la sua trasparenza, la sua comprensione, la sua umanità.

E con il suo saper scegliere fra cosa è giusto e cosa gli fa comodo accettandone, con serenità, le conseguenze.

Mettendoci la faccia!

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