India-Pakistan: scoppia la pace tra i due Paesi. Ma resta ancora caldo il tema del Kashmir

Di Pierpaolo Piras

Nuova Delhi. Dopo vent’anni di rapporti conflittuali, scatenati da motivi etnici, religiosi (tra mussulmani e indù) e, non in ultimo, territoriali, ha finalmente troneggiato la pace tra la Repubblica dell’India e la Repubblica islamica del Pakistan.

Il Kashmir resta sempre un punto caldo dell’area

Ultimamente, funzionari militari di alto grado dei due Paesi hanno firmato il cessate il fuoco lungo tutta la linea di frontiera che separa i due Stati.

La cessazione di ogni atto di ostilità armata si concentrerà maggiormente lungo l’aspra frontiera himalaiana del Kashmir.

Quest’ultima è contestata anche dal terzo Paese confinante, la Repubblica Popolare Cinese.

Attualmente, viene ripristinata a pieno titolo la tregua tra India e Pakistan, patteggiata e resa in vigore nel 2003.

Queste tensioni sono, ancora una volta, il segno distintivo di un conflitto a bassa intensità ma sufficiente a determinare il triste esodo delle popolazioni circostanti verso territori più sicuri per la propria prosperità e sopravvivenza.

In questi scontri, sia civili che militari, le vittime non sono mai mancate.

Dal precedente accordo del 2003 le violazioni del cessate il fuoco sono state numerosissime da ambo le parti, circa 14 mila, con la consueta sequela di vittime, feriti e inutili sofferenza per i civili indifesi.

L’accordo di alcuni giorni fa nasce dopo una lunga e difficile azione diplomatica  svolta da Ajit Doval, Consigliere per la sicurezza nazionale del Governo indiano,  con il Generale indiano MM Ravarane ed il Generale pakistano Qamar Javed Bajwa.

Il Generale pakistano Qamar Javed Bajwa

Nell’avvicendarsi di questi contatti diplomatici è stato considerato quasi esclusivamente il confine conteso nella provincia indiana più settentrionale del Kashmir.

Nonostante le storiche violazioni degli accordi, specie da parte del Pakistan, l’intesa ha ricevuto l’ufficializzazione delle più alte cariche sia governative che militari.

Un forte contributo alla pace è stato dato dalla grave crisi sociale creata dall’estendersi a macchia d’olio della pandemia da Covid nelle povere, vaste e popolose regioni di queste due nazioni, entrambi estremamente carenti di strutture  di medicina territoriale e ancor meno di quella ospedaliera.

Le parti hanno accettato di incrementare la vigilanza alle frontiere nella prossima stagione estiva , durante la quale aumenta notoriamente l’infiltrazione terroristica dal Pakistan nella valle del Kashmir, facilitata dalla migliore percorribilità delle vie di comunicazione secondaria allo scioglimento dei ghiacci delle alte cime himalaiane.

Quali sono le principali ragioni del conflitto alla frontiera tra India e Pakistan ?

Il 14 agosto 1947 il Pakistan ottenne l’indipendenza sia dall’Impero britannico che dalla repubblica indiana.

Fin dai primi momenti, il nuovo Stato ha manifestato una decisa caratterizzazione islamica nella applicazione del Diritto e nella prassi politica.

Contestualmente nasceva un’aperta conflittualità delle confinanti popolazioni di religione induista col seguito di migliaia di vittime e centinaia di migliaia di sfollati nei due sensi.

Storicamente si riconoscono ben tre conflitti armati indo-pakistani, nel 1947 , nel 1965 e più limitatamente nel 1999.

A questi episodi bellici è seguita una fragile tregua animata da scambi di artiglieria e reciproche accuse di violazione fino ad un primo quanto inefficace accordo nel 2003.

Come ormai di consueto, è ripresa la conflittualità armata fino al 2014 allorché il neo primo ministro indiano, Nehendra Modi (carica che detiene tuttora), catalizzò un incontro pacificatore con il suo omologo pakistano, Nawaz Sharif, invitandolo al suo insediamento ufficiale.

Il premier indiano Nehendra Modi

A dicembre del 2016 è seguito un secondo incontro a Lahore tra Modi ed il primo ministro Sharif.

È stata la prima sensazionale visita di un leader indiano in Pakistan dopo tanti anni sanguinosi conflitti.

Questo ottimismo è stato superato da nuove e cruente rivalità fino all’attuale e auspicato annuncio del governo indiano di un proprio impegno ad osservare il cessato il fuoco lungo la frontiera indo-pakistana per tutto il periodo del Ramadan.

I gruppi terroristici

In questi ultimi anni, il panorama geopolitico è stato pericolosamente vivacizzato da  alcuni  gruppi terroristici che si sono resi protagonisti a danno dell’India.

Si tratta fondamentalmente di due fazioni, una di radicale ispirazione mussulmana jaidista e la seconda di combattenti “proxi”.

Questi ultimi, presenti in molte aree conflittuali del mondo, esercitano una sorta di guerra per procura.

In altri termini, sono dei mercenari, per lo più ex-militari super-addestrati che entrano in territorio straniero per obiettivi da raggiungere con l’uso della forza militare.

Interessano qualche altra potenza la quale non ritiene opportuno operare palesemente.

Un celebre esempio dottrinale è rappresentato dalla guerra civile combattuta da forze “proxi” in Angola nel 1975.

Qualora la presenza e le azioni terroristiche di eventuali gruppi mussulmani pakistani “proxi” si verificassero in Kashmir potrebbe nascere un gravissimo scontro tra India e Pakistan.

Entrambi gli Stati dispongono di armamento nucleare.

Molto è cambiato anche nella politica di sicurezza internazionale degli Stati Uniti che vedono nel Sud-Est asiatico  un epicentro del terrorismo e dell’estremismo religioso mussulmano.

Essi hanno quindi interesse a garantire la stabilità nell’area, prevenendo la proliferazione delle armi nucleari regionali e riducendo al minimo il potenziale di una guerra atomica. I due Paesi intrattengono con gli USA  rapporti economici, militari e strategici sempre più importanti e produttivi.

Perché il Kashmir ha un’ importanza strategica?

È la regione più settentrionale dell’India, popolata da circa 4 milioni di abitanti , suddivisi per religione tra mussulmani, buddisti e indù.

Il Kashmir ha un grande rilievo militare fin dai tempi più antichi per la sua interposizione tra etnie differenti per ambizioni, religione e interessi economici: sono quella cinese, indiana e pakistana tra le quali e suddivisa questa regione.

La risposta risiede fondamentalmente nel gran numero di ghiacciai himalaiani che forniscono l’acqua dolce ed un enorme quantità di energia idro-elettrica a gran parte dell’India settentrionale.

Il Pakistan ne usufruisce per fornire l’irrigazione al suo settore economico primario rappresentato dalla agricoltura fiorente nel vastissimo bacino che affluisce al fiume Indo.

La popolazione indiana è in crescita già da alcuni decenni e pertanto  necessita di una crescente quantità di energia elettrica.

Dal lato pakistano i governanti temono che l’India possa deviare i corsi d’acqua, facendo di quest’ultima un’arma strategica a proprio danno.

Da questo punto di vista il patrimonio idrico himalaiano costituisce un fattore di sicurezza nazionale al quale dare il massimo dell’attenzione anche dal punto di vista militare.

Storicamente, sotto l’egida e prevalenza mediatrice della Banca Mondiale, l’India e il Pakistan firmarono nel 1960 un’intesa sul controllo dell’esteso bacino dell’ Indo, con un particolare rispetto e vigilanza sul tratto iniziale in territorio indiano dei suoi affluenti.

Nella stessa circostanza l’India si è impegnata al rispetto di specifiche limitazioni riguardanti il numero delle centrali idro-elettriche e la quantità di acqua dolce da derivare verso i bacini indiani di raccolta.

Il conflitto nel Kashmir non è solo tra Pakistan e India, ma anche tra gruppi politici radicali militanti nella regione che cercano l’autonomia dal dominio indiano.

Questi gruppi includono Hizbul Mujahideen, il Fronte di liberazione del Jammu e Kashmir, che persegue l’indipendenza per il Kashmir.

L’ultimo, che predica gli attacchi armati, è il gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba.

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