Santa Barbara: grazie a numerosi patronati è venerata da molte Specialità delle Forze Armate

Di Attilio Claudio Borreca* 

Roma. In un certo luogo dell’immenso Impero Romano ed in un tempo in cui la ferocia dei persecutori delle comunità cristiane era animata da quel fervore caratteristico di chi ostacola i processi epocali di rinnovamento, visse una splendida fanciulla chiamata Barbara.

Un’immagine di Santa Barbara

Barbara è una martire cristiana venerata sia dalla Chiesa Cattolica che dalla Chiesa Ortodossa.

Il luogo e l’epoca in cui è vissuta, a causa delle numerose leggende sorte intorno al suo nome, non sono chiaramente identificabili, ma il suo culto è attestato presso le comunità cristiane d’Oriente (Egitto, Costantinopoli) e Occidente (Roma, Francia) sin dal VI-VII secolo e conobbe una grande popolarità nel Medioevo grazie alla Legenda Aurea.

Essa, spesso italianizzata per assonanza in Leggenda Aurea con evidente slittamento di significato, è una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino da Jacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova.

Fu compilata a partire dall’anno 1260 fino alla morte dell’autore, avvenuta nel 1298.

L’opera costituisce ancora oggi un riferimento indispensabile per interpretare la simbologia e l’iconografia inserite in opere pittoriche di contenuto religioso.

Ebbe un’ampia diffusione e un cospicuo seguito fino al XVII secolo.

Sopravvivono circa 1.400 codici manoscritti dell’opera, a testimonianza della sua enorme diffusione nel Medioevo, inferiore solo alla Bibbia, e della sua grande influenza culturale.

Altrettanto ampio fu il successo delle versioni a stampa, con 49 versioni fra il 1470 e il 1500, 28 fra il 1500 e il 1530 e 13 fra il 1531 e il 1560.

Solo nel secolo successivo, con gli studi storiografici dei padri bollandisti, l’intero genere dei leggendari medievali fu screditato e con essi anche la Legenda Aurea venne dimenticata.

Molti artisti s’ispirarono alla Legenda Aurea per le loro opere.

Tra questi vi fu Giotto con la Cappella degli Scrovegni a Padova, Piero della Francesca nelle Storie della Vera Croce nella basilica di San Francesco ad Arezzo e Vittore Carpaccio nel ciclo pittorico delle Storie di Sant’Orsola.

L’edizione critica più recente è quella pubblicata nel 1998 (riedita nel 2007 con traduzione italiana e commento dei singoli capitoli)].

Rimossa dal calendario romano generale nel 1969 a causa dei dubbi sulla sua storicità, Santa Barbara rimane una santa molto popolare grazie all’elevato numero dei suoi patronati  di cui parleremo in seguito.

Dioscoro incenerito da un fulmine

Agiografia

Per agiografia (letteralmente “scrittura di cose sante”) si intende tutto il complesso delle testimonianze che costituiscono la memoria della vita di un santo e del culto a lui tributato: testi scritti, ma anche rappresentazioni iconografiche, epigrafi, monumenti e oggetti, le cosiddette reliquie, (quali vesti, oggetti sacri ed altro ancora).

Tutto ciò finalizzato alla perpetuazione del ricordo del soggetto in questione e alla promozione della venerazione nei suoi confronti.

Pertanto, la letteratura agiografica è considerata e studiata a tutti gli effetti come genere letterario e parte della letteratura e storia dei popoli europei e non.

In seguito alla Riforma cattolica – per riforma cattolica si intende quell’insieme di misure di rinnovamento spirituale, teologico e liturgico con le quali la Chiesa cattolica riformò le proprie istituzioni dopo il Concilio di Trento del 1542, (ma iniziò effettivamente nel 1545, a causa della guerra tra Carlo V e Francesco I per il possesso del Ducato di Milano.

I lavori si conclusero nel 1563, dopo un’interruzione decennale, dovuta all’ostilità del pontefice Paolo VI) – l’agiografia ha assunto un nuovo significato, senza comunque perdere quelli precedenti e cioè: “disciplina avente per oggetto la santità e il culto dei santi”.

Della vita di questa santa esistono varie agiografie, nessuna delle quali è della stessa epoca e che presentano notevoli differenze tra loro.

Santa Barbara nacque nel 273 d.C. a Nicomedia attuale İzmit in Turchia ed era figlia di Dioscoro o Dioscuro, un uomo di religione pagana e crudelissimo persecutore dei cristiani. In alcune agiografie, Dioscoro decide di rinchiuderla in una torre a causa della sua grande bellezza, per proteggerla dal mondo esterno e dai pretendenti. Barbara va quindi a vedere i progetti per la costruzione della torre e, notando che sono presenti solo due finestre, una a nord e una a sud, ordina ai muratori di costruirne una terza, per richiamare la Santa Trinità; prima di entrare nella torre, inoltre, si immerge tre volte in una piscina adiacente, battezzandosi da sola.

In altre versioni, Barbara viene segregata come punizione per la sua disobbedienza; nella torre, la giovane viene istruita da filosofi, oratori e poeti e, studiando, giunge alla conclusione che il politeismo è una farsa.

Temporaneamente liberata da suo padre, si converte al cristianesimo.

Quando suo padre decide di costruirle un’imponente piscina con due finestre, ella fa aggiungere una terza finestra a questa struttura (e non alla torre, come nella versione precedente); altre versioni specificano che Barbara aderisce al cristianesimo studiando i testi di Origene (noto anche come Origene di Alessandria è stato un teologo e filosofo greco antico. È considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani dei primi tre secoli d.C.). Una volta fuori dalla torre, Barbara si reca proprio da lui, ad Alessandria, per farsi battezzare.

Ad ogni modo, quando Dioscoro scopre la nuova fede della figlia tenta di ucciderla: Barbara riesce a sfuggirgli miracolosamente, trapassando le pareti della torre e volando su una montagna (però viene vista volare da due pastori, uno dei quali la tradisce rivelando a Dioscoro la sua posizione; questo pastore viene maledetto da Barbara e trasformato in pietra, mentre  il suo gregge di pecore si trasforma in uno sciame di locuste); trovatala e catturata, suo padre la trascina davanti a un magistrato, il prefetto Martiniano, personaggio reale che ha esercitato le sue funzioni durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano tra il III e il IV sec. d.C.

Durante il processo che iniziò il 2 dicembre del 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò suo padre, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede Cristiana.

La giovane rifiutò di abiurare e venne quindi torturata più volte mentre cantava le lodi al Signore: venne avvolta da panni ruvidi irti di spine che le lacerarono la carne, ma di notte, riusciva a curare le sue ferite.

I carnefici tentarono quindi di bruciarla, ma le fiamme accese ai suoi fianchi si spegnevano subito; le vennero poi tagliati i seni, venne colpita alla testa con un martello e poi fatta sfilare nuda per le strade.

Il 4 dicembre letta la sentenza di morte, il padre la condusse in cima a una montagna e afferrata la treccia dei suoi capelli la decapitò, assieme ad un’altra giovane cristiana, santa Giuliana.

Sceso a valle, Dioscoro viene incenerito da un fulmine o da un fuoco venuto dal cielo come punizione per l’omicidio.

Un nobile di nome Valenzano curò la sepoltura del corpo della Santa presso una fonte (sorgente di Santa Barbara) che diventò meta di pellegrinaggio per l’acqua miracolosa.

Santa Barbara della Madonna Sistina di Raffaello

Contesto storico e culto

Di Santa Barbara non esiste alcuna menzione nei documenti dell’antichità cristiana, nè tantomeno nella versione originale del martirologio geronimiano.

Il Martirologio geronimiano costituisce il più antico catalogo di martiri cristiani della Chiesa latina a noi pervenuto e deve il suo nome al fatto di essere stato a torto attribuito a san Gerolamo.

L’autore è un anonimo del V secolo, vissuto fra Milano e Aquileia.

La storia di santa Barbara presenta notevoli somiglianze con quella di santa Cristina, ed è probabile che l’autore della vita di Barbara abbia ricopiato quella di Cristina, esagerandone gli aspetti inverosimili.

Ciò ha portato alcune fonti, anche autorevoli, a dubitare dell’esistenza stessa di questa figura.

Le varie agiografie differiscono per molti particolari, compresi il tempo e il luogo in cui visse Barbara; comunque…

Santa Barbara nacque a Nicomedia, in Anatolia (oggi Ismit in Turchia) nel 273 d.C., diverse fonti, invece, riportano altre città natali quali Antiochia, Eliopoli in Egitto, Eliopoli in Libano e un’altra Eliopoli presso Euchaita, una città bizantina del Ponto, nella zona nordorientale dell’Asia Minore, nonché in Toscana e nella stessa Roma.

Una diversità, questa, che testimonia l’adattamento della sua leggenda ai vari luoghi in cui era venerata.

Tra il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso una villa rustica di Scandriglia, un piccolo paese in provincia di Rieti, poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano, era uno stretto collaboratore dell’imperatore Massimiano che gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina.

Riguardo alla data del martirio, esso sarebbe avvenuto sotto un “imperatore Massimino” o “Massimiano”, ma non è chiaro se si tratti di Massimino il Trace, Massimino Daia o Massimiano. Per mera curiosità vediamo chi erano questi tre imperatori:

  • Massimino il Trace, il cui nome era Gaio Giulio Vero Massimino (nacque nel 173 circa in Tracia, regione storica, posta nell’estrema punta sudorientale della penisola balcanica. Rispetto ai confini odierni, comprende il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria e la Turchia europea. E morì ad Aquileia, 10 maggio 238). E’stato imperatore romano dal 235 fino alla sua morte nel 238. Fu il primo barbaro a raggiungere la porpora imperiale, grazie al solo consenso delle legioni, essendo nato senza la cittadinanza romana, e senza essere neppure senatore. Fu anche il primo imperatore a non aver mai messo piede a Roma, in quanto trascorse i suoi tre anni di regno impegnato in vittoriose campagne militari. Egli fu anche il primo imperatore-soldato del III secolo e fu anche uno degli uomini più alti della storia umana, misurando tra i 239 e 248 cm.
  • Massimino Daia il cui nome era Gaio Galerio Valerio Massimino, originariamente noto come Daia, (nacque nel 285 circa in Illiria, che era la regione corrispondente alla parte occidentale della penisola balcanica, sulla costa del Mare Adriatico, rispetto agli attuali confini, dalla Croazia all’Albania – e morto a Tarso, città della Turchia, nell’agosto del 313), è stato un imperatore romano dal 305 fino alla sua morte avvenuta nel 313).
  • Massimiano, il cui nome era Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculeo, noto più semplicemente come Massimiano (nacque nel 250 circa a Sirmio, nella provincia della Pannonia attuale Serbia – e morto nel luglio 310 a Massilia, antica colonia greca della Gallia, corrispondente alla città francese di Marsiglia, in Provenza. E’ stato imperatore romano di Occidente dal 286 al 305, e condivise questo suo titolo con il suo amico Diocleziano imperatore romano d’Oriente. Stabilì la propria capitale a Milano, ma passò gran parte del proprio tempo impegnato in campagne militari.

Santa Barbara quindi fu martirizzata durante il regno di uno di questi imperatori, nell’arco temporale compreso tra il 235 e il 305. Il culto della Santa è ben attestato a partire dal VII secolo, periodo in cui appaiono le prime raccolte ufficiali (acta) del suo martirio, che servirono successivamente da base per diverse agiografie composte nei secoli seguenti da vari autori.

Esistono però anche testimonianze precedenti di una sua venerazione, come un monastero a Edessa nel IV secolo e una basilica copta al Cairo nel VII secolo dedicati a lei.

La Santa era venerata a Roma già nel VII-VIII secolo, periodo a cui sono datate sue immagini nella chiesa di Santa Maria Antiqua, e il suo culto è attestato in Sabina e Umbria prima dell’anno 1000.

Intorno al IX secolo Barbara era venerata pubblicamente e ampiamente tanto nell’Oriente cristiano quanto nell’Occidente, e durante il Medioevo si diffuse, grazie al suo culto, l’uso del nome proprio Barbara; tra il XV (quando la sua storia raggiunse l’apice della popolarità in Occidente) e il XVI secolo, era venerata in Germania come una delle quattro “grandi vergini”, assieme alle sante Dorotea, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia.

Il suo culto scemò progressivamente dopo il Concilio di Trento del 1545 forse perché la giovane era considerata, nella storia, eccessivamente “ribelle” verso suo padre e l’autorità costituita.

Come già detto, una tradizione vuole che la Santa sia stata martirizzata in Sabina, nei pressi dell’odierna Scandriglia, e che nell’Alto Medioevo, temendo incursioni saracene, il suo corpo sia stato traslato a Rieti, dove ancora si conserva sotto l’Altare Maggiore della Cattedrale.

Da allora la città di Rieti ha eletto santa Barbara a sua Patrona.

Secondo altre fonti, invece, il corpo della santa fu portato a Costantinopoli nel VI secolo per volere dell’imperatore Giustino; da lì, nel XII secolo, la principessa Barbara Comnena (2 dicembre1083–1153 una delle prime donne storiografe conosciute), figlia preferita dell’imperatore bizantino Alessio I Comneno e Irene Doukaina  lo trasferì a Kiev, dove ora riposa nella cattedrale di San Vladimiro.

E ancora, secondo altre fonti, le reliquie sarebbero invece state prelevate da Costantinopoli e portate a Venezia.

Questa storia è molto interessante. Arrivarono a Venezia grazie a Maria Argyropoula, presentata come nipote degli imperatori Basilio II e Costantino VIII, durante il potere del Doge Pietro II Orseolo (991-1009), del quale sposò il figlio Giovanni.

riuscì ad ottenere dal Doge, il suocero, il permesso di trasferire le reliquie della Santa a Venezia, nella Basilica di San Marco.

Nel 1009, le reliquie furono successivamente trasferite nella cappella del monastero di San Giovanni evangelista di Torcello, un’isola della laguna veneta a nord di Burano, dove rimasero fino al XVIII secolo.

Con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici voluta da Napoleone, le reliquie furono nuovamente spostate e collocate nella chiesa di San Martino di Burano, dove si trovano a tutt’oggi.

Alcune reliquie della santa sono conservate anche a Piacenza nella chiesa di San Sisto e a Roma in San Lorenzo in Damaso (parti del cranio), mentre la testa è venerata a Novgorod in Russia insieme al suo seno pietrificato.

Altre reliquie della Santa sono presenti a Roma nel Tesoro di San Giovanni in Laterano, nella chiesa di Santa Maria in Traspontina (parti di un braccio), nella basilica dei Santi Cosma e Damiano e nella chiesa di Santa Barbara alle Capannelle; altri resti della santa sono anche nella chiesa della Real Casa della Santissima Annunziata a Napoli, a Pisa, Cremona, Mantova e Trapani.

Negli antichi martirologi greci, così come nell’attuale martirologio romano, la data di commemorazione di Santa Barbara è il 4 dicembre, ma va notato che tutti i martirologi del IX secolo la collocano invece al 16 dicembre.

La Santa è stata rimossa dal Calendario romano generale con la riforma del 1969, per via del suo carattere leggendario, ma è ancora presente nel Martirologio romano ed è stata permessa la continuazione del suo culto.

Il Martirologio è un libro liturgico che costituisce la base dei calendari liturgici che ogni anno determinano le feste religiose.

La prima edizione ufficiale risale al XVI secolo e fu approvata da papa Gregorio XIII nel 1584).

Monocromo ad olio di Jan van Eyck

Patronati

Dai vari elementi citati nella sua leggenda è derivata, col tempo, una quantità spropositata di patronati: la prigionia nella torre da parte di suo padre associò la sua figura alle torri, a tutto ciò che concerneva la loro costruzione e manutenzione e quindi il loro uso militare da qui il fatto di essere considerata patrona di architetti, stradini, tagliapietre, muratori,  carpentieri, cantonieri, campanari.

Parimenti, per via della morte di Dioscoro, che ricordo fu incenerito da un fulmine dopo che aveva decapitato la figlia,  essa venne considerata protettrice contro i fulmini e il fuoco, e di conseguenza contro le morti causate da esplosioni o da colpi d’artiglieria; da qui deriva il suo patronato su numerose professioni e specialità militari (Marina Militare, artiglieri, artificieri, genieri) e sui depositi di armi e munizioni (al punto che le polveriere vengono chiamate anche “santebarbare”).

Dioscoro incenerito da un fulmine

Per quanto riguarda la Marina Militare, di cui fu confermata patrona da Pio XII il 4 dicembre 1951, la santa fu scelta in particolare perché simboleggiante la serenità del sacrificio di fronte a un pericolo inevitabile. È inoltre patrona di tutto ciò che riguarda il lavoro in miniera e l’utilizzo dei fuochi pirotecnici. Ovviamente non poteva non essere, anche la patrona dei vigili del fuoco.

Una curiosità: agli inizi del 900 nella caserma “Dogali” di Torino, presso il 50° Reggimento Genio Minatori, circolava un manuale compilato da un ufficiale per l’addestramento della truppa.

In esso figurava una pagina dedicata a Santa Barbara dove si narrava che la fanciulla, segregata nella torre dal geloso genitore, aveva scoperto, mescolando una certa quantità di salnitro raschiato dalle umide pareti della torre con altri ingredienti rinvenuti sul posto, una miscela esplosiva della quale si sarebbe servita per aprire la breccia nella torre ed evadere.

Santa Barbara, inoltre, viene invocata anche per scongiurare i pericoli dei fulmini e della morte improvvisa priva dei conforti sacramentali, il che l’ha fatta entrare nel numero dei 14 Santi ausiliatori, (Acacio, Barbara, Biagio, Caterina, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone, Vito; in Italia fu aggiunto s. Magno), alla cui intercessione la tradizione popolare attribuisce una particolare efficacia in determinate necessità e circostanze.

La devozione, sorta, come sembra, in Germania e documentata la prima volta in una lettera del vescovo di Passavia, città della Baviera nel 1284, si intensificò e si diffuse notevolmente nel corso del Trecento anche in Austria, Svizzera e varie regioni Italiane.

Anche i racconti di miracoli operati per intercessione della santa fecero molto per aumentare la sua popolarità (un esempio citato spesso è quello avvenuto a Gorkum, città dei Paesi  Bassi nel 1448, in cui tal Henry Kock venne gravemente ustionato in un incendio e, appellandosi a santa Barbara riuscì a uscire dall’edificio e a sopravvivere fino a ricevere l’estrema unzione).

Come patrona delle attività principali del gruppo Eni le è stata dedicata la grande nuova chiesa costruita a Metanopoli, il quartier generale del gruppo, per decisione di Enrico Mattei.

L’idea di Metanopoli nasce agli inizi del 1952, quando Enrico Mattei – a capo della neonata Società ENI – decise di realizzare nel comune di San Donato Milanese, una città-giardino che integrasse funzioni residenziali, sociali e produttive in un nuovo modello urbanistico, poi internazionalmente apprezzato.

La peculiarità della scelta di Mattei è riscontrabile nel fatto che, a differenza di quanto avvenuto in simili occasioni progettuali attuate sia in Italia sia all’estero (Ivrea e l’Olivetti, per esempio), Metanopoli non nasce come operazione di riqualificazione o ampliamento di un complesso esistente, ma come città fondata ex-novo).

Alcune iconografie della santa

Iconografia di Santa Barbara

L’iconografia è un ramo della storia dell’arte che si occupa della descrizione e classificazione di quanto raffigurato nelle opere d’arte. Il termine significa anche l’insieme delle raffigurazioni riguardanti un determinato soggetto. Nel nostro caso appunto Santa Barbara.

Nel XV e XVI secolo si assiste a una fioritura di rappresentazioni di santa Barbara in opere artistiche, specialmente fra autori italiani, fiamminghi e, in minor misura, tedeschi.

La sua leggenda e la varietà di cose a cui è associata hanno dato vita a un gran numero di elementi con i quali la santa viene rappresentata. Il simbolo più comune e significativo è indubbiamente la torre a tre finestre, raffigurata tanto come ambiente in cui la santa viene collocata, quanto come “miniatura” tenuta in mano o poggiata ai piedi.

Il più antico simbolo, però, testimoniato da un affresco nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma, è il pavone.

Non è chiara l’origine simbolica del pavone. Forse voleva esprimere che la Santa era invocata per evitare la morte, ed il pavone era il simbolo di lunga vita e d’immortalità.

la decapitazione di Santa Barbara

Per altri la penna del pavone indicherebbe Eliopoli (dove, secondo alcune agiografie, la santa sarebbe nata), ritenuta la patria della fenice, cioè il volatile favoloso dell’Arabia che ogni cinquecento anni si lasciava bruciare sul rogo per poi rinascere dalle proprie ceneri.

Per altri ancora Barbara viene rappresentata con la piuma del pavone perché secondo una leggenda, le verghe con le quali i carnefici si apprestavano a torturarla si trasformarono in piume di pavone.

In quanto martire, a Santa Barbara vengono associate spesso la palma, una corona o un diadema (specie nelle opere più tarde) e la spada, l’arma con cui è stata uccisa.

Altri attributi comuni, specie dopo il XV secolo, sono il calice e l’ostia, entrambi simboleggianti l’accompagnamento cristiano alla morte, cioè che nessuno dei suoi devoti sarebbe morto senza aver ricevuto il viatico (va notato che Santa Barbara e Santa Chiara sono le uniche donne, tra i santi, a cui viene attribuita l’ostia nelle rappresentazioni sacre).

Il Concilio di Trento, citando un decreto del precedente concilio di Cambrai, bandì l’uso di questi due simboli, il calice e l’ostia, in quanto promettevano una “grazia scontata”, specie a coloro che avevano vissuto in maniera peccaminosa. Questi simboli, comunque, rimasero comuni nell’iconografia ortodossa e anglicana.

Oltre alla simbologia appena citata, la Santa è occasionalmente affiancata da cannoni o catapulte, che richiamano il patronato di santa Barbara sull’artiglieria.

Più rare invece sono le raffigurazioni in cui tiene un libro (rappresentazione della sua vita studiosa), una torcia (richiamante un episodio del suo martirio) o in cui suo padre Dioscoro appare ai suoi piedi (simbolo della sua vittoria contro il paganesimo).

Generalmente, santa Barbara è rappresentata riccamente vestita, spesso in tinte di rosso, ma fino a prima del concilio di Trento (dove il teologo tedesco Molanus fece bandire tutte le immagini “lascive”) esistevano anche opere dove veniva raffigurata seminuda, in particolare in quelle che richiamavano la parte del suo martirio in cui le venne tagliato il seno.

Tra le opere più famose che raffigurano la santa ricordo:

  • Santa Barbara del Parmigianino, quadro che risale al 1523, custodito oggi al Museo del Prado a Madrid.
  • Santa Barbara della Madonna Sistina, olio su tela del Raffaello, databile al 1513-1514 e conservato nella pinacoteca di Dresda, dove Barbara è inginocchiata ai piedi della Vergine Maria con il santo Sisto  e due angioletti che sembrano osservare la scena. Proprio questi due cherubini sono stati per anni il simbolo di un noto stilista.
  • Cappella Suardi, realizzata da Lorenzo Lotto a Trescore Balneario in provincia di Bergamo, è dedicata a Santa Barbara e Santa Brigida.
  • Il pittore fiammingo Jan van Eyck ha realizzato nel 1437 un monocromo a olio su tavolo di legno di quercia che rappresenta la vita di Santa Barbara.

Dopo il Concilio di Trento il culto e le rappresentazioni occidentali di Santa Barbara calarono notevolmente, concentrandosi solamente sull’episodio finale del martirio e cioè la decapitazione.

Non bisogna farsi ingannare dall’apparente stato confusionale in cui le varie vicende riguardanti Santa Barbara si sono andate depositando nel corso dei secoli, o dall’accumulo di luoghi e siti che, in qualche modo, ne rivendicano varie paternità di origine, di morte e di conservazione delle reliquie.

Quel che conta è che quel martirio, è uno di quelli che vanno diritto al cuore di tutti i credenti e forse anche dei non credenti.

*Generale di Divisione (ris)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore