Caso Sea Watch, migranti tra politica e giurisdizione. L’Italia difenda i confini marittimi che sono anche quelli dell’Unione Europea

Di Alexandre Berthier

Roma. Si è appena spento il clamore della vicenda dei 49 migranti della Sea Watch ed è ripreso accesissimo il dibattito su cosa avverrà della richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro Salvini da parte del Tribunale dei Ministri di Palermo.

Lo sbarco dei migranti dalla Sea Watch a Catania

Il Paese non solo apparentemente è schiacciato da questo infinito dibattito sull’immigrazione. Gli organi di informazione sembrano oggi – e da molto tempo – tutti concentrati su una discutibile e suicida azione di convincimento – costi quel che costi – tesa a favorire l’immigrazione come azione socialmente e umanamente irrinunciabile e prioritaria.

Così come dovere assoluto e imprescindibile sarebbe salvare la vita dei migranti in pericolo nel Canale di Sicilia, fino al punto di recuperare cadaveri da seppellire in Italia e commemorarne periodicamente la memoria.

Esigenza che non abbiamo mai sentito per le migliaia di soldati e marinai italiani annegati durante la Seconda Guerra mondiale, pur conoscendo perfettamente i siti in cui giacciono navi e bastimenti affondati! Per questi sventurati abbiamo sempre predicato che il mare è la loro tomba ideale!!! “Ipocriti e sepolcri imbiancati” sta scritto nei Vangeli.

Orbene, abbiamo appreso sgomenti, esterrefatti, che la Corte di Strasburgo, la nota CEDU – a quanto pare temuta solo dall’Italia, più volte bacchettata – richiesta dal comandante della imbarcazione (ridicolo chiamarla nave, meglio “bagnarola”) Sea Watch e dal capo missione della ONG ha dichiarato che l’Italia non aveva nessun obbligo di far sbarcare i 49 migranti (qualificandoli quindi migranti e non profughi né naufraghi) e l’equipaggio ma solo il dovere di fornire assistenza ai migranti.

Ciò nonostante, il Presidente del Consiglio Conte rientrava in Italia precipitosamente da Cipro per organizzare uno sbarco che l’Italia non era tenuta a effettuare, così come reiteratamente dichiarato dal ministro dell’Interno dall’inizio della vicenda, provocando reazioni inconsulte e talora grottesche da parte dei paladini dell’accoglienza indiscriminata.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Un’accoglienza per sua natura assolutamente illegale e le cui proporzioni hanno suscitato e suscitano un motivato e generalizzato allarme sociale, provocato da scorrerie e azioni criminali delle centinaia di migliaia di clandestini presenti su tutto il territorio nazionale, blandamente contrastate da una sconcertante azione di tutela giurisdizionale, che rifugge quasi sempre dalla carcerazione e vanifica spesso, con incredibili contenziosi, i provvedimenti cautelativi dell’Autorità di Pubblica Sicurezza.

Eppure l’Italia, come Paese sovrano, e come membro dell’Unione Europea, firmataria dell’accordo di Schenghen, è tenuta non solo a difendere i confini dello Stato ma a difendere i confini marittimi che sono anche confini dell’Unione Europea stessa.

Ricordo che l’accordo di Schenghen consente la libera circolazione dei cittadini e delle merci dei Paesi firmatari, di altri Paesi dell’UE e di alcuni Paesi terzi e che, con la conseguente caduta delle frontiere interne, ha per conseguenza pure l’obbligo di rafforzare il controllo e la difesa delle frontiere esterne della “zona Schenghen “.

Un obbligo che evidentemente l’Italia viola ogni volta che permette lo sbarco di cittadini extra comunitari che senza titolo cercano di accedere nel territorio nazionale ed europeo!

In questa ottica va la decisione della CEDU che ha negato il diritto di sbarco ai 49 migranti trasportati dalla Sea Watch e che incredibilmente il Governo italiano ha invece incredibilmente concesso.

A nulla rileva il proposito di ripartire i migranti tra alcuni Paesi dell’Unione. È stata violata la sovranità dell’Italia e dell’Unione Europea: questo è un dato di fatto. In Francia ciò non accadrebbe e non accade mai, con o senza i Macron!

Ma dietro questa ennesima debacle del Governo italiano vi è tutto un retroscena che va ricercato in una azione propriamente eversiva delle così dette opposizioni e nella duplice, triplice anima della maggioranza di Governo.

Il tutto condizionato da una azione inaccettabile della magistratura che – verosimilmente del tutto incompetente per materia e per territorio – interferisce comunque pesantemente sull’azione di questo Governo in tema di immigrazione clandestina, in gran parte provocata dall’azione di bande criminali che operano in diverse nazioni africane e che si avvalgono spesso della collaborazione di fatto resa dal ruolo delle navi delle ONG e delle missioni internazionali, avvicendatesi nel tempo, che si dedicano ad una sistematica opera di salvataggio e traghettamento di pseudo naufraghi che piace qualificare indistintamente profughi.

Tuttavia resta evidente che tutti i migranti che giungono in Italia partendo dalle coste libiche sono oggetto di una vera e propria tratta degli schiavi, sicuramente finalizzata a conseguire guadagni enormi in favore di organizzazioni criminali che presiedono, organizzano i traffici e spesso ne pianificano lo sfruttamento nei Paesi di destinazione.

Dunque, se mai vi fosse competenza dell’Autorità Giudiziaria italiana – e solo per naviglio mercantile o militare italiano eventualmente coinvolto nei salvataggi – sarebbe competente solo la Procura di Roma, trattandosi di reati commessi all’estero. Negli altri casi risulterebbe invece competente solo la CEDU, trattandosi di ingresso illegale di cittadini extracomunitari nel territorio UE.

Ciò premesso non si comprende come le vicende di nave Diciotti e della imbarcazione Sea Watch abbiano potuto avuto gli imbarazzanti e discutibili sviluppi ben conosciuti.

Migranti a bordo di nave Diciotti

Al riguardo è ben noto che il diritto internazionale per sua natura ha una connotazione pattizia e non è idoneo a risolvere autoritativamente le controversie tra Stati.

È altrettanto noto che nella gran parte degli Stati del mondo occidentale le giurisdizioni si sono ricavate spazi che le allontanano dagli scopi che il servizio della giustizia dovrebbe assolvere, ma si arrogano spesso la pretesa di ergersi al di sopra degli ordinamenti e ritengono di potersi collocare su un piano di superiorità non solo etica ma anche rispetto alle prerogative dei parlamenti e all’azione di governo. Si viola così la tradizionale – forse ormai del tutto superata – tripartizione dei poteri del Montesquieu, che anche il nostro costituente ridefini’ prudentemente, ma evidentemente inutilmente, “funzione giurisdizionale” (e non potere)!

Che i rapporti tra ordine giudiziario e gli altri poteri dello Stato in Italia siano da sempre mal regolati c’è lo prova un detto che abbiamo sentito ripetere spesso dal dopo guerra a oggi: “PER I NEMICI LE LEGGI SI APPLICANO, PER GLI AMICI SI INTERPRETANO”; che la frase sia di Giolitti o di Togliatti poco importa.

Il Governo, legittimamente costituito, governi allora con autorevolezza! Affermi le sue prerogative e respinga inesorabilmente ogni manovra tesa a pregiudicarne l’azione, negando la giurisdizione a chi non la ha, senza tenere atteggiamenti tremebondi o equivoci.

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