L’incontro tra Trump e Putin ad Helsinki

di Pierpaolo Piras

Si è svolto ad Helsinki in Finlandia, nella giornata di ieri, l’incontro tra Putin e Trump, dopo un periodo piuttosto turbolento.

Prima della partenza per il summit della NATO e la visita in Gran Bretagna, Donald Trump puntava ad un incontro con Putin dai toni pacati. Trump ha creato trambusto prima con l’atteggiamento aggressivo verso la NATO a danno degli impegni americani transatlantici, poi l’atteggiamento ambiguo in Inghilterra spingendo la May a danneggiare la Unione Europea, a seguire il ruolo dello statista “amicone” nei discorsi con Putin.

Dopo alcune ore di colloquio privato, Putin e Trump hanno tenuto la tradizionale conferenza stampa. Per il Tycoon ci sono “molte cose di cui parlare” come una “relazione straordinaria” ed il mondo attende solo di “vederci andare d’accordo”. Accanto a lui Putin ha mantenuto la consueta espressione amimica. Entrambi concordano che la Russia e gli USA non possono non collaborare strategicamente su questioni militari come la lotta al terrorismo, i trattati economici e persino aspetti ecologici. A fine incontro, Putin  ha regalato a Trump un bel pallone da calcio a ricordo del successo della Russia nella Coppa del Mondo.

Non si è parlato dei 12 russi accusati di aver “hackerato” il Comitato Nazionale Democratico e la campagna presidenziale di Hillary Clinton, nel tentativo di aiutare Trump.

Le previsioni di molti commentatori sono rimaste deluse. La politica, quella che si referenzia solo con la “Ragion di Stato” e l’interesse nazionale, ha prevalso sulle questioni del tutto critiche che negli ultimi anni hanno gravemente alterato i rapporti USA-Russia. Sembrano caduti nel dimenticatoio vicende come l’invasione dell’Ucraina orientale, le interferenze che hanno avvelenato il clima politico dopo le elezioni americane, gli attacchi informatici e l’utilizzo (con il beneficio del dubbio) del gas Novichok di Salisbury.

Sulla base di queste importanti osservazioni, Putin è risultato il vero vincitore dell’incontro. Questo Summit gli è servito ad uscire dall’isolamento internazionale nel quale si trovava a seguito dell’annessione dell’Ucraina orientale.

Theresa May è, invece, una dei perdenti. L’attacco Novichok a Salisbury ha perso ogni rilevanza politica.

La diplomazia americana è la sconfitta numero due con il “Tycon” che crea tensione al vertice NATO sia durante la visita in Gran Bretagna sia per la minimizzazione del “Russiagate” e secondaria sconfessione dei propri apparati di intelligence.

Le reazioni peggiori sono avvenute in patria .Gli stessi ambienti repubblicani esprimono tutta la loro contrarietà a qualsiasi apertura nei confronti della Russia. Il senatore repubblicano John Kennedy ha spiegato che “non ci si può fidare di Putin” e che fare con le autorità russe è come “fare accordi con la mafia”. Il suo collega Thom Tillis  aggiunge che qualsiasi intesa tra Putin e Trump non avrà comunque valore, perché “prima deve passare dal Congresso”. La partita, è il caso di dire, non è finita qui.

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