Di Sara Palermo*
Tel Aviv. Esiste un reparto dell’esercito israeliano unico nel suo genere. È l’unità 9900, una squadra di intelligence selettiva specializzata nel riconoscimento visivo satellitare ad alta risoluzione ed i cui membri rivestono un ruolo di vitale importanza per la sicurezza del Paese. Tutto grazie alla loro straordinaria diversità: si tratta infatti di soldati affetti da disturbi dello spettro autistico.
Circa l’uno per cento della popolazione mondiale è diagnosticato con un disturbo dello spettro autistico. La diagnosi spesso significa una vita di sfide, poiché queste persone hanno difficoltà ad apprendere le abilità sociali e a comunicare con gli altri. Risulta difficile per gli adolescenti e gli adulti integrarsi nella società, trovare un lavoro e contribuire significativamente all’interno delle proprie comunità. In tutto il mondo si stanno sviluppando programmi di integrazione basati sui punti di forza delle persone con autismo. Un esempio di successo è l’iniziativa Special in Uniform lanciata nel 2014 dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF: Israel Defense Forces) e supportata dallo Jewish National Fund-USA sin dall’anno successivo. Ad oggi, la JNF-USA contribuisce con circa 1,5 milioni di dollari all’anno, il 60 per cento del budget di Special in Uniform; il resto proviene dal governo israeliano, da aziende e donazioni private.
«Ci concentriamo sui talenti unici di ogni individuo per trovare un incarico nelle IDF che sia perfetto per le capacità di quella persona e forniamo supporto, terapia e consulenza per tutto il tempo della partecipazione al programma. Circa 1.000 israeliani con disabilità intellettuali e fisiche sono stati reclutati in Special in Uniform come veri soldati che ricevono uno stipendio e benefici al pari di tutti gli altri colleghi. È rivoluzionario», afferma il vicepresidente nazionale di JNF-USA Alan Wolk in una intervista. «Questi ragazzi vedono i loro fratelli partire per l’IDF a 18 anni e si sentono esclusi. Special in Uniform è un forte messaggio di inclusione e loro sono pieni di orgoglio nel servire in uniforme».
Oltre ai suoi benefici in ambito militare, il programma ha quindi indiscussi risvolti sociali. Il servizio militare è obbligatorio in Israele per quasi tutti i cittadini, ma gli adolescenti autistici (e con alcune disabilità) sono esentati. Questo pone una barriera al progredire della loro vita, poiché il servizio militare è un passo significativo nella società israeliana, sia simbolicamente sia professionalmente. L’esercito israeliano funge infatti da equalizzatore in cui si incrociano giovani di tutte le estrazioni sociali e si viene formati in compiti altamente specializzati. Quelli che non si arruolano possono trovarsi in svantaggio una volta che si affacciano al mercato del lavoro. La pregressa carriera militare è spesso un fattore determinante per i datori di lavoro ed i soldati che hanno servito nelle unità di intelligence ottengono posizioni lavorative molto ambite nei settori in più fervido sviluppo, specie quello tecnologico.
Il soldato E., il cui nome non può essere pubblicato perché serve in un’unità di intelligence, non avrebbe mai pensato di entrare nell’esercito. Ora, a 19 anni, lavora al controllo di qualità dei software militari. «Mi dà una possibilità. Mi dà istruzione, mi insegna un lavoro altamente specializzato. È un inizio. È un inizio molto solido», ha riferito a Ynetnews.com. Nel piccolo ufficio nel centro di Tel Aviv dove il soldato E. e i suoi commilitoni lavorano al computer sotto le tende tirate, proteggendo il loro lavoro segreto da occhi indiscreti, una lavagna di sughero con la lista delle cose da fare del giorno è appesa accanto ad una lavagna bianca, dove i soldati disegnano equazioni matematiche durante il loro tempo libero. «È rivoluzionario», ha dichiarato il soldato Y., «Dimostra che anche se gli altri dicono che non possiamo, noi possiamo».
SAPER GUARDARE OLTRE. OVVERO LA NASCITA DI UN PROGETTO RIVOLUZIONARIO
L’idea è nata sul prato. Circa due dozzine di uomini di mezza età seduti a semicerchio erano venuti nel febbraio 2011 per confortare Dror e Yehudit Rotenberg, che avevano perso il loro figlio, il sergente maggiore Nadav Rotenberg, un mese prima appena fuori Gaza. Gli uomini si conoscevano tutti bene – avevano servito insieme a Dror nell’unità di ricognizione della Brigata Paracadutisti negli anni Settanta – ma non si vedevano da decenni.
Piuttosto che rivangare vecchie storie di guerra, si sono messi in cerchio e hanno parlato delle loro vite. Alcuni di loro facevano lo stesso lavoro nello stesso kibbutz in cui avevano sempre vissuto. Uno era un professore. Uno cercava il petrolio in Siberia. E uno viveva negli Stati Uniti. Disse di avere due figli, di 16 e 14 anni; il più grande era sordo ed entrambi erano nati con l’autismo. Ha descritto la difficoltà di rendersi conto, quando suo figlio aveva due anni, che il ragazzo era nello spettro autistico e non sarebbe mai stato come i suoi coetanei. Ha detto che quando i suoi figli si sono avvicinati all’età adulta, una delle sfide più scoraggianti che la famiglia ha affrontato è stato l’orizzonte ristretto e tetro che era lì ad attendere i diplomati con autismo. Mentre i loro coetanei sarebbero partiti per il college o sarebbero entrati nell’esercito, questi adolescenti sarebbero tornati a casa. L’ex ufficiale ha chiamato il fenomeno “sanguinoso 21”.
T. condivideva uno stretto legame con questo padre, che nel 1974 era stato il suo operatore radio. I due non si erano più visti da allora. Ma T., che teneva lezioni di yoga e guidava viaggi da solo nel deserto – appena andato in pensione dopo più di 20 anni sul campo come ufficiale del Mossad – è rimasto immediatamente colpito dalla situazione di quell’uomo. Ha detto di aver capito che lavorare con giovani autistici era la sua vocazione. «Tutto quello che ho fatto fino a questo punto mi ha preparato per questo», ha dichiarato T. al The Times of Israel, «Ho imparato che quando qualcosa è davvero, davvero importante, allora non c’è niente che possa impedirti di farlo. E il trucco è solo capire cosa è davvero, davvero importante».
In questo caso, si trattava dell’integrazione di adolescenti e giovani adulti autistici ad alto funzionamento in una delle funzioni più cruciali dell’IDF Military Intelligence Directorate: l’analisi ed interpretazione della fotografia aerea. L’unità, come altre nell’intelligence militare, ha la possibilità di selezionare tra i migliori studenti, quelli con l’intelligenza spaziale e la percezione visiva necessarie per affrontare questo tipo di sfida. Quando il programma Ro’im Rachok venne inizialmente proposto, il comandante dell’unità, confidò a T. che soffriva di una penuria di analisti. I soldati che riceveva, generalmente dalle migliori scuole e con i migliori voti, volevano fare carriera velocemente e ambivano a posizioni di comando. Il software che avrebbe potrebbe sostituire il fattore umano, non era all’orizzonte. Per T la situazione nell’Unità 9900 si presentava come “una situazione vantaggiosa per tutti”. All’inizio del 2012, mentre T stava esaminando i punti di forza relativi delle persone con diagnosi di autismo, ha ricevuto una chiamata da Tamir Pardo, il nuovo capo del Mossad: «Ho sentito che c’è un uomo che si occupa di questo problema, sei tu? Mi sono occupato di autismo. Se hai bisogno di aiuto, rivolgiti a me». Qualche settimana dopo, T chiese a Pardo se potesse prestargli “un po’ di gente del settore tecnologico”. Giorni dopo, L. chiamò. Era entrata nel Mossad dopo il suo servizio nel programma d’elite Talpiot dell’esercito e, come fisico, aveva scalato la catena di comando. Ma come molti genitori non più giovani era preoccupata per suo figlio autistico: sarebbe mai stato in grado di vivere autonomamente e avrebbe avuto una professione per mantenersi? Pardo le aveva suggerito che forse le persone autistiche avrebbero potuto avere un talento nell’interpretazione delle immagini, specialmente le foto satellitari.
Si scopre che non è poi così semplice. Ci sono quelli che possono intravedere lo skyline di Roma da un elicottero di passaggio e poi ricrearlo perfettamente sulla carta, e altri che sono in grado di vedere il numero irrazionale di pi greco come qualcosa di più simile a un’immagine piuttosto che una sequenza infinita e commettere decine di migliaia di numeri consecutivi alla memoria con relativa facilità. Questi sono i savant, e sono estremamente rari.
DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO E ABILITÀ SPECIALI
I disturbi dello spettro autistico sono disturbi dello sviluppo neurologico caratterizzati da compromissione delle relazioni sociali e della comunicazione, da comportamenti inusuali e stereotipati e da un rallentamento dello sviluppo intellettivo spesso con disabilità intellettive. I diversi livelli di compromissione di tali aree può manifestarsi sin dal primo anno di vita e va a comporre il quadro generico della persona affetta da autismo. Il disturbo copre un ampio spettro di sintomi, livelli di abilità e disabilità, che possono influire o meno, nell’autonomia quotidiana e di vita.
Due caratteristiche principali caratterizzano i disturbi dello spettro autistico:
· Deficit persistenti nella comunicazione sociale e nell’interazione
· Ripetitività e settorialità nel comportamento, degli interessi e/o delle attività
Non possiamo saper nulla di come sia la “mente autistica dal di dentro” (Hacking, 2009). Quello che sappiamo è che il 10% delle persone con autismo possiede quelli che gli scienziati definiscono “isolotti di capacità”, ossia di capacità straordinarie. Le capacità speciali più ricorrenti riguardano soprattutto l’orecchio assoluto, le capacità di osservazione e valutazione del dettaglio, le abilità artistiche, il calcolo del calendario e delle condizioni metereologiche, la matematica, le abilità meccaniche e spaziali, l’apprendimento delle lingue straniere. Nel 1887, il medico John Langdon Down definì tali abilità fuori dal comune “savant”. Nel 2009, il neuroscienziato Darold Traffert ha sostenuto che esistono diversi livelli di abilità savant, tutte accompagnate da una memoria eccezionale. Tali capacità sono innate, possono trasformarsi grazie all’interazione tra genetica e ambiente, e sono supportate da processi di plasticità cerebrale. Impegno, perseveranza, e motivazione sono inoltre essenziali perché migliorino nel tempo.
Si ipotizza che alla base di queste abilità eccezionali ci sia la spinta ossessiva a praticarle, legata a sua volta al bisogno ossessivo di classificare e creare sistemi di interpretazione del mondo circostante. I processi di pensiero sono per lo più di tipo associativo, anziché lineari, raggruppando immagini in categorie. I soggetti autistici sono inoltre caratterizzati da una tendenza a concentrarsi su singoli dettagli (teoria della coerenza centrale debole), probabilmente a causa di un’acuità sensoriale superiore e alla rilevazione di schemi nell’ambiente. In tal senso, sembra che il soggetto autistico sia particolarmente esperto nel riconoscimento di schemi ricorrenti negli stimoli (ipersistematizzazione), rilevandone con facilità le strutture e le regole sottostanti (“se x, allora y”).
SAPER GUARDARE LONTANO. IL POTENZIAMENTO DELL’UNITÀ 9900
L’esercito ha a disposizione, tra gli altri veicoli di ricognizione aerea, diversi satelliti militari che orbitano intorno al globo. I satelliti di sorveglianza dell’esercito israeliano inviano a Tel Aviv immagini 3D, in tempo reale, H24, attraverso qualsiasi tipo di copertura nuvolosa. L’Unità 9900, una divisione di intelligence dell’IDF, è incaricata di interpretare le immagini. È sua materia tutto ciò che riguarda la geografia, la mappatura, l’interpretazione delle foto aeree e satellitari e la ricerca spaziale. Il lavoro è una fatica di Sisifo. Richiede lunghe ore di concentrazione e una costante attenzione ai dettagli.
Yoram Bonneh, oggi professore presso La Scuola di Optometria e Scienze della Visione della Bar-Ilan University, ha condotto diversi studi di ricerca, tra cui uno finanziato successivamente dal Ministero della Difesa, sulla percezione visiva delle persone nello spettro autistico. Ha scoperto che spesso hanno una percezione visiva “diversa” piuttosto che categoricamente migliore. Sembravano avvicinarsi alle immagini visive complesse “in modo oggettivo”, non gravati da preconcetti su come le cose dovrebbero essere. Spesso, infatti, le persone interpretano ciò che vedono seguendo una narrazione che il loro cervello ha escogitato, ma la maggior parte delle persone con autismo tende a concentrarsi sui soli dati grezzi. Yoram Bonneh suggerisce di guardare una scacchiera: coloro i quali sono coinvolti nel gioco, concentrati sulla strategia e le ripercussioni di ogni mossa, “sono ciechi” ai dettagli della tavola; quelli che guardano la scacchiera in modo più obiettivo hanno maggiori probabilità di notare una leggera aberrazione nell’allineamento dei pezzi o una macchia su uno dei pedoni. Per l’Unità 9900 questo era un motivo più che sufficiente per avviare un piano di reclutamento di giovani affetti da autismo.
T. ha quindi incontrato il professor Dudi Schwartz, il rettore dell’Ono Academic College. Un comitato direttivo composto da professionisti del Ministero dell’Educazione ha aiutato a trovare i candidati adatti. L’esercito ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per tenere il corso iniziale – usando computer dell’esercito in un campus civile – e ha nominato il tenente M., un ufficiale delle riserve, al comando delle reclute civili. Il programma è estremamente selettivo: delle decine di candidati nel 2017-18, solo 12 sono stati accettati. Complessivamente circa cento volontari hanno servito nell’unità. Una volta completato l’addestramento di tre mesi, viene data loro la scelta di lasciare l’esercito o diventare soldati. Se scelgono di arruolarsi – un processo che il comandante del programma nell’unità, il tenente B., ha descritto come lo spettacolo più emozionante che aveva visto in «23 anni della mia vita» – ricevono una formazione supplementare prima di essere inviati ai vari reparti operativi: il lavoro è individuale, ciascuno è assegnato ad una propria postazione informatica, ma soldati regolari e soldati con autismo servono fianco a fianco.
Prima del 2008, tutti gli studenti delle scuole superiori affetti da autismo ricevevano automaticamente lettere di esenzione dal servizio militare. La “Visual Intelligence Division” ne ha fatto la propria cifra distintiva. I soldati dell’Unità 9900 sono un esempio per la società israeliana e per il mondo di ciò che le persone con autismo sono in grado di realizzare.
RO’IM RACHOK
Il programma Ro’im Rachok (רואים רחוק, “looking ahead”) dell’esercito israeliano, offre agli adolescenti che hanno esigenze speciali, come l’autismo ad alto funzionamento (il che significa che hanno un’intelligenza superiore alla media, ma possono avere difficoltà di interazione sociale e comunicazione), un modo per servire il proprio Paese e sviluppare preziose competenze professionali.
Ro’im Rachok è stato fondato nel 2013, aprendo a nuove possibilità di inserimento lavorativo e percorsi di carriera. A un bambino israeliano su cento viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico, ed il programma Ro’im Rachok aveva già 50 partecipanti a dicembre 2015. A queste persone in passato sarebbero stati assegnati lavori frustranti e monotoni nell’IDF, ma grazie a questa iniziativa hanno potuto essere utilizzati al massimo del loro potenziale. Ro’im Rachok, il cui nome significa “vedere lontano” in ebraico, mira a capitalizzare i punti di forza di questi individui, cioè la loro estrema concentrazione e l’attenzione meticolosa ai dettagli. I soldati con autismo possono infatti facilmente individuare pattern e schemi e mantenere la concentrazione su un elemento per lunghi periodi di tempo, rendendoli candidati ideali per l’analisi dei dati, i lavori di mappatura ed il monitoraggio dei feed di intelligence. Decine di persone appartenenti allo spettro autistico hanno partecipato al programma dal 2013. Il programma, in collaborazione con Beyond the Horizon e Ono Academic College fuori Tel Aviv, attualmente forma per professioni come l’AQ del software, l’analisi di fotografie aeree e satellitari, lo smistamento delle informazioni, l’elettro-ottica e l’elettronica. I primi tre mesi del programma si svolgono in un quadro civile presso l’Ono Academic College che testa le abilità dei candidati, determina se possono gestire la natura rigida dell’esercito, avvia la fase formativa e trasmette le abilità lavorative essenziali. Durante i successivi 3-4 mesi, vengono assegnati provvisoriamente a un’unità IDF dove lavorano come civili, per fare esperienza prima di essere arruolati ufficialmente come volontari (soggetti all’approvazione dell’IDF). Quando si arruolano, i soldati sono accompagnati da un terapeuta e da uno psicologo così da non interrompere i percorsi terapeutici e sopperire alle eventuali barriere sociali che comandanti e commilitoni possono incontrare. Il personale lavora intensamente sulla comunicazione e sulle abilità sociali. L’esercito richiede il rispetto delle regole e della gerarchia, e i volontari, tutti esentati dalla leva prima della genesi del progetto, avrebbero avuto bisogno di aiuto per capire come approcciare un ufficiale. «Generalmente l’attenzione è più sul risultato e meno sul modo», ha dichiarato uno degli ufficiali soldati autistici, notando che anche quando un individuo ha pensato attentamente a ciò che vorrebbe trasmettere, ci possono essere difficoltà nell’organizzare il pensiero e poi esprimerlo in un modo ottimale, o appropriato al rango dell’interlocutore. Durante tutto il periodo di servizio, questi giovani contribuiscono concretamente con le loro abilità speciali all’IDF, accumulando una importante esperienza professionale. Ad oggi, alcuni partecipanti al Ro’im Rachok servono presso prestigiose unità di intelligence o in unità di combattimento. I loro superiori e commilitoni vengono addestrati a lavorare con persone con autismo e si incontrano settimanalmente con un consulente per discutere la dinamica del gruppo. «Spesso la difficoltà operativa porta con sé una sorta di difficoltà emotiva», ha dichiarato il diretto superiore di sei soldati autistici al The Seattle Times nel 2016, «Ci può essere un soldato che lotta davvero e non ha successo e bisogna sapere come affrontarlo». Chen Eden, uno dei terapeuti del programma, ha ricordato un caso in cui un soldato Ro’im Rachok non era in grado di tenere il passo con gli incarichi consegnati da un ufficiale e le scadenze prefissate. Ha suggerito di dividere il lavoro in compiti più piccoli (WORK 1: task 1.1 + task 1.2 + …), con scadenze più ravvicinate. Oggi quell’ufficiale considera quel particolare soldato il suo migliore analista.
A differenza delle tipiche reclute, che servono quasi tre anni, questi soldati hanno un servizio di base, volontario, di un anno. Ma possono estendere il loro servizio e offrirsi volontari per altri due anni, se lo desiderano. Dopo il congedo, possono continuare a lavorare nello stesso campo, o spostarsi in settori accademico-scientifici. Alla base dell’Intelligence militare, alcuni soldati convocati per una breve conversazione parlano in modo incerto, ma anche, con candore. Uno dice di essersi arruolato nell’esercito «per far felici i miei genitori». Un secondo diche che ha firmato un anno in più perché «sapevo che avevano bisogno di me». Un terzo afferma di essersi sentito apprezzato sul banco operativo e orgoglioso del fatto che era «in grado di farsi degli amici».
Ro’im Rachok è un innovativo “win-win project”, in quanto offre anche un prezioso modello di integrazione delle persone con autismo nella società, aldilà del servizio militare. Una volta raggiunti i 21 anni, l’età in cui i programmi finanziati dallo Stato e l’assistenza sono per lo più tagliati, i giovani affetti da disturbo dello spettro autistico si trovano a cavarsela da soli o a dipendere dai propri genitori per il sostegno finanziario.
«Molti stanno seduti a casa dei loro genitori e non fanno nulla. Questa è la dolorosa realtà», ha dichiarato Tal Vardi, un funzionario della sicurezza in pensione che è co-fondatore del programma. «Questo programma dà a ciascuno di questi giovani l’opportunità di realizzare il proprio pieno potenziale. E nel momento in cui diamo loro l’opportunità, tutti noi ci troviamo in un mondo migliore». Ro’im Rachok spera di offrire ai propri soldati un atterraggio più morbido nella società. Il programma fornisce infatti training di comunicazione verbale e interazione sociale (due abilità fondamentali nella vita quotidiana) e percorsi di potenziamento funzionale per affrontare le situazioni potenzialmente difficili della vita civile (ad esempio, l‘utilizzo del trasporto pubblico). Il padre di uno dei soldati in servizio oggi, un ex pilota di caccia F-16, ha ammesso di aver seguito il figlio, a sua insaputa, con la sua auto durante i suoi primi giorni da pendolare al corso, e che lo ha aiutato il primo giorno quando il trasferimento in autobus non ha funzionato secondo i piani, ma che da allora l’indipendenza di suo figlio è migliorata immensamente. Il servizio militare ha fatto progredire questo tagazzo al punto che il timore dei genitori, che aumenta ogni anno che passa, si è sensibilmente attenuato. «Ti chiedi costantemente cosa sarà tra cinque, 10, 20, 30 anni», ha dichiarato questo padre, «costantemente alla ricerca di soluzioni e alla ricerca di modi per farli progredire e assicurare il loro futuro. Perché alla fine, la loro durata di vita è normale e quando non saremo qui, lo saranno ancora, e qualcuno deve prendersi cura di loro».
CONCLUSIONI
Special in Uniform è una novità mondiale: un programma di formazione quadriennale che prepara i giovani con disabilità a servire nelle Forze di Difesa Israeliane accanto ai loro coetanei. Nessun’altra nazione militare addestra persone con disabilità al servizio nell’esercito. Quello che per gli altri eserciti è un diversamente abile, per gli israeliani è una persona con abilità straordinarie. Una decina di anni fa, il tenente colonnello dell’IDF Ariel Almog sostenne che era il momento di includere i giovani con bisogni speciali e iniziò, «uno per uno, a prendere i giovani e ad addestrarli», dice Yossi Kahana, co-fondatore di Special in Uniform. Oggi, il programma lavora con adulti con una varietà di disabilità intellettuali e fisiche. Perché in Israele nessuno rimane indietro.
Sono programmi come Ro’im Rachok che mostrano al mondo che le persone con disabilità dello sviluppo possono contribuire significativamente e assumere ruoli importanti nella società. La chiave è sviluppare programmi che utilizzano i loro punti di forza. Quando abbiniamo le mansioni ai punti di forza e alle abilità delle persone con determinati disturbi, stiamo costruendo un mondo in cui tutti possono vivere all’altezza del proprio potenziale e creare una società più inclusiva. Per le persone affette da disturbo dello spettro autistico, il servizio militare apre le porte all’integrazione.
Dopo il loro congedo, i soldati di Ro’im Rachok affronteranno nuove sfide e dovranno trovare lavori adatti alle loro capacità. Ma il servizio nell’esercito avrà fornito loro gli strumenti per superare gli ostacoli, come affrontare un ambiente mutevole e dinamico o attuare strategie per portare a compimento incarichi complessi. «Le soft skills che le persone imparano nel loro servizio non sono meno importanti della professione stessa», ha dichiarato Benjamin Hazmi, direttore di Beit Issie Shapiro, un’organizzazione israeliana per la disabilità, «L’esercito è il primo incontro di queste persone con l’autorità, con un programma».
«Il giorno in cui mi sono arruolato, ero molto eccitato», ha detto N.S. «Era davvero come se fossi una parte fondamentale della società israeliana». Ro’im Rachok ha raggiunto lo scopo: ha abbattuto lo stigma intorno alla malattia e ha portato benefici incalcolabili a questi giovani, all’IDF, alla società israeliana tutta.
*M.Sc. in Clinical Psychology and Ph.D. in Experimental Neuroscience
PostDoctoral Research Fellow
Assistant Specialty Chief Editor for Frontiers in Psychology – Neuropsychology
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