Brexit, procrastinata l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Tutte le mediocrità della premier Theresa May

Di Pierpaolo Piras

Londra. Dopo quattro ore di dibattito inconcludente, nella serata di ieri, i 649 componenti della Camera dei Comuni si sono pronunciati, a larga maggioranza di circa 100 di essi, per estendere la data del 29 marzo prevista per la separazione del Regno Unito dalla Unione Europea, secondo il dettato dell’articolo 50.

L’interno del Parlamento di Londra

Successivamente ha bocciato la possibilità di una Brexit senza accordo (no deal) con l’Unione Europea ed un altro emendamento che avrebbe consentito ai Commons di discutere i prossimi passi sull’uscita dalla UE, mercoledì prossima settimana.

Ancora una volta si sono viste le consuete divisioni tra le parti politiche e sorprendenti giravolte di deputati come quella del segretario conservatore alla Brexit, Stephen Barclay, fino al giorno prima strenuo difensore della premier, Theresa May, che, in seduta dei “Commons”, è andato a votarle contro.

La premier Theresa May

Ora sarà quest’ultimo a recarsi a Bruxelles per negoziare l’estensione dell’articolo 50 al quale ha appena votato contro. Un altro emendamento che chiedeva l’approvazione di un secondo referendum sulla “Brexit” è stato sonoramente battuto.

Al momento attuale, la Gran Bretagna resta legata ad un Governo mediocre e confuso sul da farsi, ma determinato, anche se perdente, a perseguire l’obiettivo della separazione dall’Europa, protetto in prospettiva, solo parzialmente, dalla fragile rete di protezione offerta dalla estensione dell’articolo 50.

Sullo sfondo, rimangono gli interrogativi di base della questione “Brexit”, relativi ai rapporti effettivi che il Regno Unito vuole stabilire con l’Unione europea.

È stato un grave errore di Theresa May ma anche del passato premier David Cameron, quello di cercare un accordo prima con i deputati del suo Partito Conservatore, rivelatisi poi profondamente divisi tra “brexiters” (euroscettici) e “remainers”, per poi presentare i risultati a Bruxelles e vederseli subitamente respinti perché irrealistici e pertanto irricevibili.

La Brexit è costellata di numerosi errori politici del Partito Conservatore

Appare sempre più preoccupante la fumosità sullo scopo di tale estensione, di quanto non ci sia in merito ai propositi ed obiettivi a medio e lungo termine della Brexit stessa.

Ora si può dire che l’uscita del Regno Unito dalla UE sarà dilazionata oltre il fatidico 29 marzo, in attesa di un’approvazione della Camera dei Comuni, già data per scontata, prevista per il prossimo 20 marzo. Il risultato sarebbe uno spostamento al 30 giugno 2019.

L’accettazione da parte di Bruxelles non è del tutto certa. Il coordinatore della Brexit del Parlamento europeo Guy Verhofstadt, ha già espresso la sua opposizione a qualsiasi estensione dell’articolo 50, anche di sole 24 ore, se non basata su di una larga maggioranza alla Camera dei Comuni con presentazione di regole chiare.

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