Conferenza Nazionale sui Balcani: la strategia dell’Italia per recuperare un ruolo di primo piano nelle dinamiche politiche della regione

Di Fabrizio Scarinci

TRIESTE. Come noto, nella giornata di ieri, presso il Trieste Convention Center, si è tenuta l’attesa Conferenza Nazionale sui Balcani promossa dal Ministero degli Affari Esteri, a cui hanno preso parte, oltre al ministro degli Esteri Antonio Tajani, anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenuta con un videomessaggio, il Commissario Europeo per il vicinato e l’allargamento Oliver Varhelyi, la presidente della Commissione Esteri del Senato Stefania Craxi, il sottosegretario al Ministero dell’Economia Sandra Savino, il Presidente della Regione Friuli-Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga, il presidente di Fincantieri Claudio Graziano, gli ambasciatori italiani in Albania, Serbia, Kosovo, Montenegro, Bosnia-Erzegovina e Macedonia del Nord e alcuni dirigenti di Ice, Cassa Depositi e Prestiti, Simest, Sace, Finest ed Enac.

Come sottolineato da molti dei partecipanti (Meloni e Tajani in primis), il principale scopo dell’evento è stato quello di porre l’accento sulla necessità che il nostro Paese torni a giocare un ruolo di primo piano nei Balcani occidentali; complessa regione geograficamente molto vicina al nostro territorio che, da sempre, le varie potenze del contesto euro-mediterraneo (e non solo) cercano dominare dal punto di vista politico-strategico.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni

Nel corso degli ultimi due decenni, le nostre problematiche di carattere economico, unite ad un’ingiustificabile disattenzione della nostra classe politica per le dinamiche strategiche dell’area in questione, hanno, infatti, determinato un palese ridimensionamento del nostro livello di influenza, perfino in quei Paesi dove, dagli anni 90 in poi, il contributo delle nostre Forze Armate si è rivelato fondamentale sia al fine mantenere la pace, sia allo scopo di aiutare le popolazioni locali a riprendersi dai terribili conflitti scaturiti dalla disgregazione della Jugoslavia e dal crollo del regime comunista albanese.

Attualmente, le potenze maggiormente attive nello scacchiere balcanico sembrerebbero essere la Russia, che gode da sempre di un certo ascendente politico e culturale sugli “slavi del sud” (si pensi, a tal proposito, alla sua storica relazione speciale con la Serbia), la Turchia, padrona della quasi totalità della regione ai tempi dell’Impero Ottomano e da circa un ventennio particolarmente attiva nel creare (o ricreare) una propria sfera d’influenza politica e religiosa nell’area, e gli Stati Uniti, che sembrerebbero intenti a consolidare la propria presenza non solo nei Balcani ma anche nel resto del cosiddetto “Trimarium”, ossia quell’ampia fetta di Europa compresa tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mare Adriatico che Washington (con il prezioso aiuto di Varsavia) vorrebbe rendere un robusto antemurale finalizzato non solo a contenere l’espansionismo/revanchismo russo, ma anche a fungere da diaframma tra Mosca e Berlino.

Quanto a noi, invece, tra i maggiori punti di forza di cui comunque continuiamo a disporre figurano il nostro importante contributo alla KFOR (forza multinazionale rivelatasi cruciale anche in occasione della recente “crisi delle targhe” tra Serbia e Kosovo), il favore delle opinioni pubbliche (nonché di buona parte delle classi dirigenti) e il fatto di essere uno dei principali partner economico-commerciali di ognuno dei Paesi dell’area.

Il Presidente croato visita il contingente italiano in Kosovo

Nel corso degli ultimi anni, però, nessuno di questi fattori sembrerebbe essere stato capitalizzato in modo adeguato a livello politico, ed è proprio per questa ragione che sia il Premier Meloni che il ministro Tajani ritengono ora di fondamentale importanza l’attuazione di un cambio di strategia finalizzato a far sì che il nostro Paese torni a ricoprire un ruolo centrale in quello che, per forza di cose, rimane uno degli scacchieri di maggior rilievo per la nostra sicurezza nazionale.

In particolare, tra le varie iniziative che il governo intende intraprendere vi è quella di supportare attivamente l’ingresso nell’Unione Europea di tutti i Stati dei Balcani occidentali che ancora non ne fanno parte; una mossa verosimilmente concepita al fine di far sì che il nostro Paese possa affermarsi nel ruolo di ponte tra le Istituzioni europee e i governi di questi loro potenziali nuovi membri nell’ambito della più ampia strategia euroatlantica posta in essere allo scopo di sottrarli all’influenza di Mosca (e, perché no, anche di Ankara).

Insieme agli accordi firmati con gli algerini in materia di approvvigionamento energetico, che, in un futuro non lontano, potrebbero fare della nostra penisola il principale hub energetico del continente europeo, la conferenza di ieri costituisce certamente un’importante indicazione di come, in questa fase, il Paese appaia effettivamente intenzionato ad intraprendere iniziative di carattere concreto allo scopo di tornare ad esercitare un certo grado di influenza sulle dinamiche politiche del proprio vicinato mediterraneo.

Naturalmente, anche in ragione della complessità e della drammaticità del momento storico che stiamo attraversando, è lecito supporre che ad attenderci vi sia una strada lunga e irta di ostacoli, che, tuttavia, risulta indispensabile percorrere soprattutto nell’ottica di riuscire a porre le basi di una strategia nazionale mirante all’efficace perseguimento dei nostri interessi e al rafforzamento del nostro sistema-Paese nell’ambito del suo contesto geopolitico di riferimento.

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