Crisi Polonia-Bielorussia: un giornalista polacco conferma. Tutte le operazioni di Minsk per introdurre migranti clandestini in Europa

Di Anna Pigłowska Kaczor

Varsavia (nostro servizio particolare). Una decina di giorni fa,  nel villaggio di Popławce (tra Sokółka e Kuźnica, in un’area non coperta dalle restrizioni introdotte dal 1° dicembre scorso) è stato aperto un Centro Stampa del Governo polacco per tutti i media che vogliono seguire la situazione al confine polacco-bielorusso.

L’entrata del villaggio di Popławce

I giornalisti accreditati potranno lavorare nell’area vietata solo se rispettano le condizioni poste dal Governo di Varsavia e con il consenso del comandante del posto della Guardia di frontiera polacca.

Guardie di frontiera polacche

Tutte le loro visite dovranno essere organizzate e si svolgeranno sotto la supervisione degli ufficiali della Guardia di frontiera.

Report Difesa ha intervistato Patryk Michalski, giornalista politico di Wirtualna Polska.

Il giornalista polacco Patryk Michalski

Il reporter ha raccolto tutte le informazioni nel pieno rispetto della legge e non entrando nella zona vietata.

E’ stato anche realizzato un video, pubblicato lo scorso 9 ottobre, dove ha raccontato quello che ha avuto modo di vedere (https://wiadomosci.wp.pl/patryk-michalski-na-granicy-trwa-gra-pozorow-w-ktorej-gina-ludzie-6691759912962688a).

Le autorità polacche, prima, limitavano ai media indipendenti polacchi l’accesso alle informazioni su quanto avveniva al confine polacco-bielorusso. Diffondevano solo messaggi e comunicazioni ufficiali presentati dalla televisione bielorussa, era un’azione corretta nel contesto del lavoro giornalistico?

Le azioni del governo polacco ostacolavano completamente lo svolgimento dei doveri fondamentali dei giornalisti – spiega Patryk Michalski – e la trasmissione delle informazioni sulla crisi al confine tra Polonia e Bielorussia.

Queste azioni devono essere valutate in modo decisamente critico.

L’attuale situazione in Polonia vede i media non in condizione di analizzare del tutto i messaggi provenienti dalle autorità e dopo tutto verificare questi messaggi è il loro dovere.

Per di più, la decisione del Governo ha reso difficile documentare sia l’attività di cui è responsabile il regime bielorusso, in cui vengono utilizzati i migranti, sia la crisi umanitaria affrontata dalle persone dopo il loro ingresso in Polonia.

Cosa ne pensa di questa situazione e per quale motivo è stata imposta? Perché, secondo lei, il partito al potere ha in modo drastico tagliato fuori i media da quel che succede al confine polacco-bielorusso?

Secondo la posizione ufficiale del governo questo doveva garantire la
sicurezza dei giornalisti e l’autonomia dei militari nello svolgere i loro
compiti.

Tuttavia, un tale argomento non può essere preso sul serio, perché
i giornalisti, da decenni, documentano i conflitti armati e le guerre secondo
regole stabilite prima.

Importanti politici del partito al governo hanno dichiarato, in numerose interviste, che non hanno permesso ai giornalisti di entrare nella zona di frontiera perché alcune redazioni polacche potrebbero riportare il messaggio del regime bielorusso.

Sono dichiarazioni per uso interno che fanno parte della campagna diffamatoria del potere contro i media indipendenti che dura da anni.

Il Governo, vietando la presenza dei giornalisti, sperava di poter controllare completamente il messaggio proveniente dalla zona di confine.

Soldati polacchi a supporto delle Guardie di confine

Per i politici del partito al potere era importante che le telecamere non registrassero il respingimento dei profughi verso il confine e la loro difficile situazione nei boschi.

Non sono riusciti però ad ottenerlo, perché migliaia di migranti sono riusciti
a fuggire dalla zona dello “stato di emergenza”, dove i giornalisti hanno
potuto registrare le loro testimonianze.

Come è riuscito a raccogliere informazioni sulla situazione al confine polacco-bielorusso?

Io stesso sono stato testimone di questi eventi quando lavoravo proprio
vicino al confine tra la Polonia e la Bielorussia, nella zona dello “stato di emergenza” introdotto tre mesi fa.

Nonostante le enormi difficoltà, visto che il mio lavoro non veniva
ostacolato prima dell’introduzione dello “stato di emergenza”, sono riuscito
a mostrare sia la crisi umanitaria che a documentare la strumentalizzazione
del regime bielorusso.

Nei boschi – non lontano dalla zona – ho trovato documenti abbandonati dai migranti: biglietti aerei, visti, carte di soggiorno e nomi di agenzie di viaggio che provano quanto fosse ben organizzata la procedura di invito dei migranti che in Bielorussia godevano dello status di “turisti”.

Migranti al confine tra la Polonia e la Bielorussia

Sui documenti c’erano timbri di funzionari bielorussi, il che dimostra chiaramente che le autorità di Minsk sono responsabili dell’organizzazione delle “escursioni” che per molti migranti si sono trasformate in un vero inferno.

La raccolta di informazioni è stata possibile grazie ai contatti stabiliti con i residenti della zona d’emergenza che osservano quotidianamente lo sviluppo degli eventi.

E’ importante anche il sostegno degli attivisti e delle fondazioni che forniscono aiuti umanitari e medici.

Di solito sono il primo punto di riferimento per i migranti che hanno bisogno di questi aiuti.

Ho partecipato a diverse operazioni di aiuto durante le quali cercavamo le persone bisognose nei boschi.

Questo accadeva spesso di notte, quando i profughi, infreddoliti ed esausti,
avevano bisogno di cibo, bevande, vestiti caldi e a volte dell’immediata
assistenza medica.

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