Le Ferrovie nella Disfatta di Caporetto: 1917, l’anno della profonda crisi militare dell’Italia (XII Battaglia dell’Isonzo)

Di Mario Pietrangeli*

Roma. Gli Imperi Centrali misero in campo 15 Divisioni riunite nella 14^ Armata al comando del Generale tedesco Von Below.

La mappa della battaglia di Caporetto

Cadorna e il suo Stato Maggiore non vollero prendere in considerazione una lunga serie di indizi e informazioni che facevano presupporre l’avvicinarsi di una grossa offensiva e quando nel mattino del 24 ottobre 1917 l’avversario attaccò nel settore dell’Alto Isonzo tra Plezzo e Tolmino la sorpresa fu totale.

Grazie anche all’uso dei gas e a nuove tattiche di infiltrazione con reparti d’assalto molto ben addestrati, le linee di difesa italiane furono aggirate, le retrovie sconvolte, le linee di comunicazione telefoniche interrotte, impedendo fra l’altro il fuoco d’appoggio delle artiglierie.

Nonostante episodi di valore come quelli della cavalleria a Pozzuolo del Friuli, il crollo del fronte italiano, soprattutto di quello tenuto dalla 2^ Armata di Luigi Capello, fu generale.

Carenze nell’azione di comando, cedimento del morale dei soldati contribuirono alto sfaldamento del fronte.

Centinaia di migliaia di uomini, e di civili terrorizzati, iniziarono a ripiegare in disordine verso Ovest.

La ritirata delle truppe italiane a Caporetto

Il 24 ottobre 1917 la grande offensiva austro-tedesca investì marginalmente le truppe del Generale Enrico Caviglia, che respinsero facilmente gli attacchi, mentre fu travolta la 19^ Divisione del Generale Pietro Badoglio, schierata dinanzi a Tolmino.

La sera dello stesso giorno il comando della 2^Armata affidò al Caviglia la responsabilità delle tre superstiti Divisioni di Badoglio e gli ordinò di iniziare il ripiegamento dalla Bainsizza.

Lo sgombero dell’altopiano, condotto sotto la pressione nemica, diede luogo a dolorose perdite e sbandamenti ma Caviglia salvò il grosso delle sue truppe, nonché altre affidategli nel corso della ritirata, schierandosi il 31 ottobre sul Tagliamento con 8 Divisioni e portandole tutte sul Piave il 6 novembre ancora in buona efficienza.

Il suo comportamento in quei giorni gli valse una medaglia d’argento con una lusinghiera motivazione; ma il 22 novembre, nel corso del riordinamento dell’esercito, con grande amarezza del Caviglia, il XXIV Corpo venne sciolto.

Alla data del 9 novembre gli ultimi reparti di retroguardia passarono sulla riva destra del fiume e i ponti vennero fatti saltare.

Nello stesso giorno Cadorna fu sostituito da Armando Diaz nella carica di capo di stato maggiore dell’Esercito.

Il Generale Armando Diaz

Alla guida del Governo Paolo Boselli fu sostituito da Vittorio Emanuele Orlando.

Vittorio Emanuele Orlando alla conferenza di pace di Parigi (Versailles) dopo la prima guerra mondiale. Il secondo da sinistra insieme a David Lloyd George, Georges Clemenceau e Woodrow Wilson

La rotta di Caporetto provocò nelle file italiane 10 mila morti, 30 mila feriti e 265 mila prigionieri, la perdita di circa 5 mila pezzi d’artiglieria, 300 mila fucili, 3 mila mitragliatrici oltre ad enormi quantitativi di materiali abbandonati o distrutti.

Da aggiungere i gravi problemi provocati dalle decine di migliaia di sbandati affluiti nelle retrovie.

Per quanto riguarda i trasporti ferroviari, essenziali durante la ritirata di Caporetto c’è da evidenziare che in quei giorni furono oggetto di un’attività frenetica per tentare di salvare il salvabile e i lavori di potenziamento delle linee intorno ai nodi di Vicenza, Treviso e Padova, approvati dal Comitato Supremo ed eseguiti tempestivamente, si rivelarono provvidenziali.

Nei giorni tra il 25 ottobre e il 15 novembre 1917, sulle sole linee del Veneto furono trasportati circa un milione di persone e 50 mila carri carichi.

La sola stazione di Treviso, che abbiamo visto essere un nodo importante nella rete ferroviaria del Nord-Est, vide un transito giornaliero di circa 60 mila persone.

Per arginare l’offensiva nemica, furono mandati a sostegno delle truppe italiane anche truppe e materiali francesi e inglesi, e questo comportò un ulteriore trasporto intensissimo, con treni che si susseguivano uno all’altro, lungo la litoranea ligure, anch’essa a singolo binario.

Per quanto riguarda il ruolo della Ferrovia Cividale – Caporetto c’è da evidenziare che da Cividale nel corso del 1915 fu costruita dall’Esercito e dalla Società Veneta, una ferrovia a scartamento ridotto da 750 mm, che avrebbe collegato, partendo dalla stazione di Barbetta, il paese di Caporetto, attraversando la Valle del Natisone.

L’immagine di un treno ospedale

La lunghezza di questa linea era di 28 km, permetteva un continuo movimento di treni materiali fra le stazioni di Ponte S. Quirino, San Pietro al Natisone, Brischis, Pulfero, Stupizza, Poiana e Robic.

I luoghi più significativi dove venne combattuta la battaglia di Caporetto furono l’omonima conca, le valli del Natisone e il massiccio del monte Kolovrat.

L’ubicazione di Caporetto (Kobarid in sloveno) era particolarmente strategica, trovandosi all’incrocio tra il corso dell’Isonzo e la Valle del Natisone, che porta verso la pianura friulana.

Durante la Grande Guerra quindi la città funzionò da collegamento tra l’interno del Paese e la complessa organizzazione del IV^ Corpo d’Armata, la Grande Unità del Regio Esercito all’epoca dispiegata tra la vallata e le montagne sovrastanti.

L’Esercito Austroungarico voleva sfondare in direzione della stretta di Saga per raggiungere Tarcento e l’Alto Tagliamento, uscendo dalla testa di ponte di Tolmino, risalendo l’Isonzo fino a Caporetto, impadronendosi della testa della Valle del Natisone e sfondando fino a raggiungere Cividale e Udine.

La disfatta di Caporetto, tragica tappa della nostra guerra, come abbiamo già in precedenza visto,  diede avvio all’arretramento sino al Piave, imponendo la ritirata del nostro Esercito e dei nostri Ferrovieri, che proprio da Caporetto, da Cividale, e da tutte quelle linee del Friuli dovettero abbandonare stazioni, caselli, rimesse e magazzini, nel contempo salvando il materiale di maggior pregio e valore, recuperando le locomotive in condizioni migliori, le carrozze, gli attrezzi e tutto quello che si poteva caricare sui treni.

La desolazione delle linee ferroviarie, molto spesso dilaniate dalle granate e dalle bombarde nemiche, documentava anche la sconfitta ferroviaria illustrata nelle molte fotografie scattate dall’Esercito Austroungarico.

Questa disfatta provocò alla Società Veneta una immediata ripercussione, infatti la Ferrovia Cividale – Caporetto a Scartamento Ridotto, costruita dalla citata Società Ferroviaria, venne sgomberata a partire dal mattino del 25 ottobre.

Grossi quantitativi di materiali e forniture provenienti dai magazzini militari della zona furono trasportati alla Stazione di Cividale, per essere avviati verso Udine.

Lo sgombero terminò alla sera del 26 ottobre. Gli austriaci in breve tempo ripararono i danni della linea e del ponte sul Torrente Torre, che era stato distrutto dall’Esercito Italiano in ritirata facendone saltare un’arcata.

Il servizio venne ripristinato solo un mese più tardi, il 24 novembre, operazione che permise l’effettuazione di alcune corse per treni ordinari.

La linea per il resto venne utilizzata ai fini militarie logistici da parte dell’Esercito Austroungarico fino all’Armistizio del 4 novembre 1918.

L’armistizio di Villa Giusti

La reazione del Paese di fronte al disastro, il più grave della storia militare italiana, e al rischio di un’invasione di tutta la pianura padana da Est e da Nord, fu immediata e grazie anche all’appoggio degli alleati, che iniziarono a far affluire truppe a partire dal 30 ottobre, il nuovo Comando Supremo italiano riprese il controllo della situazione.

Il fronte ora si stendeva dallo Stelvio al Garda, alla zona orientale dell’altopiano di Asiago, al Brenta, al settore del Monte Grappa fino al Piave ed era presidiato dal III Corpo d’Armata, dalla 1^, 4^ e 3^ Armata.

L’avversario era schierato con il Gruppo d’Armate di Conrad a Nord (10^ e 11^ Armata), la 14^ di Von Below e il Gruppo d’Armate di Boroëvić (1^ e 2^).

A partire dal 10 novembre gli austro-tedeschi ripresero gli attacchi sull’altopiano di Asiago, due giorni dopo sul Piave e poi sul Grappa, ma le truppe italiane riuscirono a mantenere le posizioni.

*Generale di Brigata (Ris)

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