Sea Watch 3, in scena l’ultimo atto di una lunga commedia. Arrestata Carola Rackete

Di Alexandre Berthier

Lampedusa (Agrigento). Apprendiamo che stanotte, l’equipaggio della Sea Watch 3 con a bordo 5 parlamentari italiani, ha forzato il blocco impostogli dalle autorità italiane e che la nave è attraccata nel molo del porto di Lampedusa (Agrigento).

Pur di conseguire l’obiettivo, la nave avrebbe ripetutamente minacciato l’incolumità dei finanzieri che, a bordo di una minuscola motovedetta, hanno cercato di impedire l’ingresso della nave e l’attracco nel porto, col rischio di causarne naufragio e sommersione. Ipotesi, queste ultime, che avrebbero ampiamente giustificato l’uso legittimo delle armi da parte dei finanzieri, che però essendo “uomini di mondo” si sono ben guardati dal farlo. Questo prevederebbe il Codice penale vigente!

Consta poi che il comandante della Sea Watch 3 sia stata arrestata e custodita nella caserma della Guardia di Finanza di Lampedusa e che i migranti siano stati fatti sbarcare.

L’arresto della comandante della Sea Watch 3, Carola Rackete

Inutile perdere tempo a commentare questo spettacolo indecoroso di una sovranità platealmente violata da chi ha avuto gioco facile a fronte di una dichiarazione preventiva di resa incondizionata della Repubblica Italiana ad una “dozzinale” ONG, formulata da Osaka dal nostro Presidente del Consiglio (quasi fosse un Governo in esilio), che si rimetteva alle decisioni dei “sommi sacerdoti” della giustizia nostrana.

Ma una nave straniera, con un equipaggio di avventurieri che prende parte attiva ad una tratta delle persone, che viola un formale divieto di ingresso nel territorio e nel porto di uno Stato sovrano, forzando un tentativo di blocco di naviglio militare, non può essere classificato che come atto di pirateria.

Ora, non potendosi purtroppo più impiccare i pirati ai pennoni delle navi, come era bella ed efficace tradizione quando gli Stati erano Stati, si sarebbe quanto meno dovuto arrestare tutto l’equipaggio e gli ineffabili parlamentari che hanno preso parte all’evento, avendo dato consiglio e manforte ai masnadieri.

Si, perché nella flagranza di simili reati non c’è immunità che tenga.

Anche i parlamentari e i diplomatici possono essere arrestati in flagranza di reato!

Cosí farebbe uno Stato che abbia un Governo che governi. Ma noi conosciamo bene la massima “governo debole, polizia debole”.

Nel nostro caso si deve pure dubitare di avere un governo vero e proprio e quindi la polizia non è solo debole ma è costretta ad essere debolissima.

Qui non si riesce più neppure a riunire il Consiglio dei Ministri e quando si tenta di farlo lo si fa di notte… con decisioni normalmente di rinvio, sine die.

Ma in 15 giorni di “tira e molla” con i pirati – le cose vanno chiamate col loro nome – nessuno ha pensato di inviare a difendere i sacri confini del naviglio più adeguato.

Non dico un incrociatore o una porta elicotteri, ma una motovedetta di altura con una mitragliatrice (giusto per salvare la faccia), o una corvetta.

In 15 giorni potevamo allestire una flotta!

Concludo. Quando un agente della forza pubblica, facendo uso delle armi, uccide qualche delinquente (incredibile, ma qualche volta succede pure in Italia) le Procure – asseritamente nell’interesse dello sventurato e soprattutto sventato agente e poi perché sarebbe un atto dovuto – procedono sempre ad indagarlo per omicidio volontario.

Invece, quando i reati sono posti in essere da delinquenti matricolati o da teppaglia, come quella attrice degli eventi agli onori della cronaca, forze di polizia e magistrati ricercano sempre l’ipotesi minima di incriminazione e la stampa ci informa ritualmente che i tapini, poveretti, rischiano addirittura l’imputazione x o y, però a piede libero!

Come siamo malconci!

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